L’ossessivo riesce a sostenere la sua castrazione a condizione che l’Altro non sia castrato. Quando l’Altro del sapere è zoppicante allora avanza l’Altro del desiderio. L’ossessivo fa appello al Nome-del-Padre per mettersi al riparo dalla mancanza dell’Altro, credendo che tale significante sia in grado di completare il campo dell’Altro. Nei confronti del padre, l’ossessivo è ambivalente, lo odia perché lui è il detentore del godimento, lo ricerca per la sicurezza che può dargli. Il Nome-del-Padre è il significante del padre morto ed il nevrotico vi si mette vicino, ma allo stesso tempo lo mortifica, è continuamente impegnato sia a garantire un posto al proprio desiderio che allo stesso tempo scongiurare quelle condizioni che potrebbero soddisfarlo.
Non è il Nome-del-Padre, sembiante anch’esso, che rende possibile l’elaborazione del lutto. Il Nome-del-Padre è una possibile soluzione in grado di operare come punto di capitone, ristabilendo la struttura del fantasma, cioè la presa dell’oggetto a, come vuoto nell’insieme dei sembianti, ma non è l’unica.
Lacan ad un certo punto del suo pensiero distingue la struttura dal reale. La struttura è una costruzione, è una finzione, è una elucubrazione rispetto al reale privo di legge e senza significante. C’è una disgiunzione tra il simbolico e il reale. Questa separazione dei due registri si articola su due versanti: quello del fondamento del simbolico e quello della sessualità.
Il Nome-del-padre ha la stessa funzione che in una frase può avere un significante: finché in una frase non arriva una certa parola, il significato della frase non emerge. C’è una parola che precipita la significazione della frase. Il Nome-del-padre è ciò che permette al linguaggio di precipitare in una significazione, permette al linguaggio di avere una significazione. È il significante che ferma lo slittamento della significazione: senza il Nome-del-padre la significazione scivola.
Freud estrae il Nome-del-Padre dai miti, dalla religione: il nostro Padre eterno non può essere iscritto nel discorso della scienza, appartiene alla tradizione umana. Lacan finisce con l’isolare il carattere ipotetico ed indimostrabile, puramente supposto, di questo significante. Logificando il simbolico egli mostra che questo fondamento non è possibile, perché nessun fondamento è possibile del simbolico: il Nome-del-padre è uno dei fondamenti possibili.
Il simbolico non può trovare in se stesso i mezzi del proprio fondamento, ci vuole sempre un elemento esterno che permette di stabilire un punto di partenza, che permette di stabilire una regola o un assioma. Ci possono essere altri fondatori, diversi dal Nome-del-padre, ma anche questi non sono derivabili dal sistema stesso.
Infondo Amleto riesce a superare la tristezza a cui la mancanza di lutto nella regina Gertrude lo aveva condannato, tramite un’identificazione con il simile, con Laerte e non con il padre. Amleto, prima del duello finale con lui, chiede perdono per aver ucciso suo padre Polonio, e così si riconcilia con lui.
La storia mostra che di Nome-del-padre ce ne può essere più di uno. Il Nome-del- è un fondamento non dimostrabile, fonda un sistema non fondabile, fonda l’ordine, ma è fuori ordine. Questo elemento speciale annoda tutta la trama del simbolico. Se non ci fosse il simbolico andrebbe da tutte le parte. Nulla nel reale può corrispondere a questa funzione di fondamento. Nel reale non c’è inizio, né fine, non c’è senso.
Questa concezione del Nome-del-padre ci lascia intravedere un altro possibile percorso per il posizionamento soggettivo, privato di un significante maestro, senza un trascendente che fonda l’insieme: è un modo della soggettività differente, senza fondamento, che è singolarità pura.
La messa in questione di questa natura del fondamento va di pari passo con lo sviluppo della soggettività femminile che è più vicina al reale, che è più vicino a questa assenza di fondamento di simbolico, che è più vicina a quella beanza che non si nasconde dietro una parvenza di fondamento. È più direttamente in rapporto con l’altro che non esiste.
Quando Lacan parla della funzione del padre come sintomo non si limita a dire che il padre si riferisce ad una donna come suo sintomo, considera anche che un padre è lui stesso come una versione del godimento e della sessualità, è il segno di un’assenza fondamentale del rapporto sessuale, un modo di rimediare a questa assenza: il padre oltre ad avere un sintomo, è un sintomo. È sia segno di un buco che un modo per rimediarvi. È questa la “funzione sintomo”. È una funzione più generale di annodamento del reale e del simbolico, laddove questo annodamento nel reale non c’è. Il fatto che ci sia un sintomo è indice di un assenza di una norma del reale e nello stesso tempo un modo di porvi rimedio. Il padre fa parte della serie di sintomi, è un modo di rimediare al buco che essi stessi padri testimoniano.
Solo il sintomo è in grado di annodare i registri. Il sintomo ridotto a questo modo residuale di godimento è ineliminabile. È sostituto di quel godimento che ci vorrebbe, ma che ci risulta impossibile avere. Non c’è più la follia da un lato e la norma dall’altro, ma la follia confrontata con un altro tipo di follia.
La clinica è un tentativo di rimediare al non rapporto tra il simbolico e il reale. Anche la nozione di inconscio è una elucubrazione di sapere, è una nozione che copre un buco nel sapere, in qualsiasi parlêtre qualcosa del godimento sfugge.
La questione non è di sapere se c’è follia o no, ma di quale follia c’è. Non c’è più un confronto con un significante fondamentale: abbiamo discorsi, soluzioni di fortuna. Il compito della clinica non è quello di sapere se c’è o no il Nome-del-padre. Dobbiamo sapere se c’è un elemento (tra i quali anche il Nome-del-padre) in grado di connettere il reale, l’immaginario e il simbolico, che abbia cioè la funzione di sintomo, la funzione di legare, il padre non è necessariamente la migliore delle soluzioni. Non si tratta più di assicurare la presenza o l’assenza di una funzione, ma delle diversità delle funzioni. Siamo di fronte a delle diversità. Sintomi singolari.