Il Seminario VII “L’etica della psicoanalisi” (1959-60) delinea una svolta radicale nel pensiero di Lacan. Fino ad allora l’immaginario era permeato di libido e il simbolico metteva in luce il funzionamento della struttura nell’inconscio, ovvero rappresentava il registro fondamentale a partire dal quale poteva articolarsi il lavoro analitico.
Nel Seminario VII il reale, che fino ad allora era un registro a sé, con un suo funzionamento, per certi versi svincolato dagli altri registri, acquisisce uno stato differente: diventa una componente rilevantissima nel lavoro clinico. Ciò avviene grazie ad una revisione radicale della teoria della libido.
All’inizio Lacan concepiva la libido secondo il concetto freudiano di narcisismo, concezione che poi lui riarticolò magistralmente nella sua teoria dello stadio dello specchio.
In un secondo momento egli intreccia la libido con il simbolico, introducendo la questione del desiderio come significante che, da un lato, presenta un significato mutabile (metonimico), agganciato alle sorti della catena significante e, dall’altro lato, è un significato di un significante particolare, il fallo.
Nel Seminario VII, con il concetto di das Ding, di Cosa, ripreso da Freud e per certi versi riconducibile anche ad Heidegger, Lacan sottolinea l’importanza del godimento. La libido diventa prioritaria e non più sottomessa al simbolico. E’ a questa primarietà della libido che bisogna ricondurre l’origine del soggetto. Dal piano immaginario, sottomesso a quello simbolico, la libido si sposta al piano reale, che preesiste al simbolico.
Una volta stabilita la priorità della libido, Lacan pose in essere una disgiunzione tra il godimento e il desiderio. In particolare egli affermò che il godimento è qualcosa di più del desiderio che, fino ad allora,corrispondeva al concetto freudiano di libido.