“L’entità linguistica non esiste che per la sua associazione del significante e del significato”[1], questo è uno dei cardini della teoria saussuriana. Questa entità è tale, ovvero esiste in quanto è delimitata, circoscritta attraverso l’enunciazione. Per Lacan, il soggetto dell’enunciazione è il soggetto dell’inconscio, il soggetto del desiderio. Questo ci dice innanzitutto che il nostro dire è sempre intrecciato con il desiderio inconscio e la questione chiave diventa: c’è un’associazione univoca tra significante e significato?
Saussure considera la catena parlata come doppia: da un lato abbiamo i concetti dall’altro le immagini acustiche. Quindi ogni delimitazione nella catena delle immagini acustiche ne comporta una anche in quella dei concetti:
L’idea comune sulla significazione è che vi sia una corrispondenza biunivoca tra significanti e significati e che tale significazione sia l’effetto proprio di quella delimitazione che produce l’entità linguistica. Cioè la delimitazione produrrebbe un elemento significativo, apparentemente isolato dagli altri. Ad a corrisponde a’. Punto. Quindi tutte le volte usiamo la parola “sedia” crediamo che a questa corrisponda il significato sedia. Cioè, all’S1, corrisponda s1 e che solo così sia possibile la significazione Sign.1 .
Se così fosse, allora per avere una significazione basterebbe isolare un segno dalla catena dei segni. Ma sappiamo che non è così.
Infatti, “Per (…) essere ben sicuri che si ha a che fare con una unità, bisogna che, confrontando una serie di frasi in cui s’incontra la stessa unità, si possa in ogni caso separare proprio quella dal rimanente contesto avendo osservato che il senso autorizza la delimitazione”[2].
Ma sappiamo che, la stessa immagine acustica, per esempio le parole “l’ago” e “lago” che hanno lo stesso suono, sono omofone, tuttavia basta fornire loro un contesto per circoscrivere la loro significazione. Per poter dire che siamo di fronte ad un’unità linguistica deve essere possibile separare quell’unità dal contesto e poterlo fare è necessario confrontare più frasi in cui quella unità ricorre tenendo ben in mente il senso che ne autorizzerebbe l’isolamento.[3]
Il contesto, quindi, in quanto, a sua volta, insieme di segni, delimita il segno, delimita il suo valore (valore del segno) e sappiamo da Saussure che questo valore si costituisce a partire dall’opposizione con tutti gli altri termini.[4], così come accade negli scacchi, dove il valore dei vari pezzi varia al variare della posizione che ricopre sulla scacchiera.[5]. Quindi nella lingua, così come nel gioco degli scacchi, il valore dei termini linguistici, è determinato dalle regole di combinazione dei termini stessi. È da questa idea che prende piede l’ipotesi del linguaggio come sistema strutturale, ovvero, come un sistema nel quale il valore dei segni dipende non solo da loro contenuto (alla parola “sedia” corrisponde il significato sedia), ma soprattutto dalle “relazioni di opposizione” che sussistono nelle sequenze di parole che proferiamo.
La lingua è un sistema strutturale quindi fondato su una serie di tagli, di divisioni simultanee nel flusso di due masse amorfe, quello delle immagini acustiche e quello dei concetti.[6]
Il segno linguistico emerge dal fatto che un concetto si innesta in un suono e allo stesso tempo una certa serie di suoni si configura come significante di un concetto. Per Saussure “La lingua è […] paragonabile a un foglio di carta; e il pensiero è il recto ed il suono è il verso; similmente nella lingua, non si potrebbe isolare né il suono dal pensiero né il pensiero dal suono”[7].
Sistema di differenze, sistema di opposizione, questa è la lingua. Il segno linguistico è l’effetto di un taglio nel flusso dei pensieri e dei suoni. Non ci sono nella lingua delle idee o dei suoni predeterminati, nel sistema linguistico abbiamo solo differenze foniche e differenze concettuali.[8]
Il taglio genera il significante, il taglio articola un significante con un concetto. L’emersione del significante è necessariamente associata alla produzione del segno linguistico nella sua totalità.
Lacan proporrà di passare dalla teoria del taglio che unisce il significante al significato, nell’istante in cui delimita entrambi, alla teoria del punto di capitone, in grado di rendere ragione all’esperienza clinica della psicoanalisi. Infatti, il rapporto tra il significante e il significato è “sempre fluido, sempre pronto a disfarsi”[9].
È a partire dal punto di capitone che prende consistenza il grafo del desiderio. Nel punto di capitone “il significante arresta lo scivolamento altrimenti indefinito della significazione”[10].
Saussure si sforza di chiarire l’associazione tra i due flussi amorfi ma lascia aperta la questione soprattutto per quanto riguarda l’articolazione che incontriamo nelle frasi e nelle locuzioni.[11]
Per Lacan la delimitazione della significazione avviene a partire dalla sequenza delle parole che enunciamo, dalla catena significante e non dalle unità elementari. Questo è un punto molto importante. È la frase, la sequenza di significanti che, nel punto in cui si chiude la frase, nel posto dell’ultimo termine, il punto di capitone, si produce significazione: il punto di capitone “ne sigilla il senso col suo effetto retroattivo”[12].
Ciascun significante di
una sequenza parlata produce significazione a partire dalla relazione
d’opposizione che ha con gli altri segni della sequenza stessa e quindi, solo
retroattivamente un significante ha senso, cioè, la significazione di una
frase, di un messaggio, avviene solo quando si conclude la sequenza parlata. È
l’après-coup, la retroazione
l’essenza del punto di capitone nel quale si arresta la significazione che,
altrimenti, scivolerebbe via all’infinito.
[1] Ferdinand de saussure, Corso di linguistica generale, introduzione, traduzione e commento di Tullio De mauro, Laterza, Bari, 1972, p. 125.
[2] Ibid. p. 127
[3]Cfr. Ibid. p. 127, [“Per […] essere ben sicuri che si ha a che fare con una unità, bisogna che, confrontando una serie di frasi in cui s’incontra la stessa unità, si possa in ogni caso separare proprio quella dal rimanente contesto avendo osservato che il senso autorizza la delimitazione”]
[4] Ibid. p. 108, [“[…] nella lingua ogni termine ha il suo valore per l’opposizione con tutti gli altri termini”]
[5] Ibidem. “”il valore rispettivo dei pezzi dipende dalla loro posizione sulla scacchiera”
[6] Ibid. p. 137, [“[…] la lingua elabora le sue unità costituendosi tra due masse amorfe”].
[7] p. 137
[8] “Si prenda il significante o il significato, la lingua non comporta né delle idee né dei suoni che preesistano al sistema linguistico, ma soltanto delle differenze concettuali e delle differenze foniche uscite da questo sistema” [p. 145]
[9] Seminario III, p. 311, edizione del 1985?…pp. 307-320.
[10] [sovversione del soggetto e la dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano”, p. 807]
[11] “C’è un passo avanti da fare, per dare a ciò di cui si tratta un senso davvero utilizzabile nella nostra esperienza. Saussure cerca di definire tra questi due flutti una corrispondenza che li segmenterebbe. Ma il solo fatto che la sua soluzione resti aperta, perché lascia problematica la locuzione e l’intera frase, mostra bene a un tempo il senso del metodo e i suoi limiti” [p. 311]
[12] [p. 807] “Di questo punto di capitone provate a trovare la funzione diacronica nella frase in quanto chiude la propria significazione soltanto con l’ultimo termine, ciascun termine essendo anticipato nella costruzione degli altri, ed inversamente ne sigilla il senso col suo effetto retroattivo”