Il lavoro con le famiglie

Sul piano operativo, il lavoro degli operatori socio-educativi con le famiglie varia secondo approcci che includono in maniera elettiva la famiglia nel proprio campo d’azione professionale ad altri che la ritengono importante solo nelle fasi iniziali di vita dell’individuo, fino a raggiungere approcci che la eludono del tutto. In particolare negli operatori socio-educativi questi approcci favoriscono la strutturazione di differenti tipi di relazioni fra famiglia e servizio. Una prima tipologia si fonda sulla richiesta implicita di delega totale al servizio del problema presentato, spesso attraverso un atteggiamento colpevolizzante o di svalutazione delle competenze familiari; altra tipologia di relazione invece è quella che mette in risalto la necessità di un coinvolgimento massiccio della famiglia nel problema però senza una valutazione della sua organizzazione interna e delle sue risorse, finalizzando l’intervento esclusivamente al supporto dell’intervento proposto dal servizio; l’ultima possibilità di relazione è quella basata sulla capacità degli operatori di gestire l’interazione con le famiglie dei propri utenti tenendo sempre presente sullo sfondo i diversi livelli di competenza nel sostenere e condividere il problema e la realtà che la situazione presenta. Nel lavoro educativo e sociale prendere in considerazione o meno il contesto familiare dell’individuo a cui è rivolto l’intervento influisce molto sul suo stesso esito e pertanto la decisione di includere le famiglie nel lavoro terapeutico può derivare solo da una scelta di campo responsabile. Dal punto di vista delle famiglie, ogni prestazione fornita da servizi sociali, sanitari ed educativi rappresenta una risorsa il cui utilizzo coincide con l’attivazione di rapporti fra le famiglie ed i servizi. In altre parole, la fruizione da parte di una famiglia delle risorse fornite dalla rete istituzionale delle agenzie sociali si presenta come evento facente parte di una sua storia. Evento che risulta determinante nel percorso della famiglia stessa (Fruggeri, L., 1997). Fruggeri ritiene indispensabile la creazione di modelli d’intervento in grado di favorire la transizione dalla coppia utente-servizio alla triade utente-famiglia-servizio. In questo caso la famiglia è uno degli interlocutori e non meramente un attore passivo, rimpiazzabile o adattabile alle richieste del servizio stesso. Questi modelli di intervento hanno un riscontro più significativo nelle situazioni di long term care e un esempio chiarificatore può essere rintracciato negli interventi di riabilitazione di psicotici o autistici gravi dove si è visto che l’efficacia dell’intervento proposto dagli operatori è influenzata dal rapporto che gli stessi sono capaci di instaurare con le famiglie.

 

Bibliografia

Fruggeri, L. (1997). Famiglie. Dinamiche interpersonali e processi psicosociali. Roma: La Nuova Italia Scientifica.