Il discorso scientifico vede la realtà da un certo punto, ossia da quello matematico. La scienza getta questa rete sulla realtà e vede una certa grana, c’è un ordine discreto, un piano di letture che riguarda un ordine discreto, e che quindi riguarda tutte le concatenazione sul piano discreto. Dobbiamo guardare dietro, verso il gesto che getta la rete.
Quando parliamo di beace causale passiamo dal piano spaziale a quello temporale.
Vernant accosta il concetto di béance a quello di Kaos. È a partire dai suoi studi sulla mitologia che per lui si pone il problema del “da dove vengono le cose”.
I greci traducono “causa” con “abisso spalancato”, Kaos. È un’apertura spalancata che inghiotte tutto, senza direzione nel fondo. Sul piano estensivo abbiamo sempre una direzione, dalla causa all’effetto. Nel Kaos abbiamo un abisso senza direzione nel fondo. Chi fosse risucchiato in questo abisso cadrebbe indefinitivamente perché finirebbe nell’illimitato e nell’informe. Non ha nessuna forma, non è possibile definire delle direzioni. Nella genesi delle cose, da questo Kaos esce la prima cosa, la terra. Da’ un piano alle cose, un piano sul quale poggiare le cose. La terra a sua volta si sostiene sulla beance. Il Kaos permane sotto la superficie della terra. Quando la scienza parla del tempo, ne fa una quarta dimensione dello spazio, è la cronologizzazione del tempo. Quindi è una proiezione spaziale del tempo. Il tempo non è riproducibile nella dimensione spaziale.