Il contesto ambientale e la dimensione gruppale nel processo di cura

La comunità offre una residenza che costituisce, per un certo periodo, uno spazio fisico e mentale condiviso. La vita quotidiana è vissuta in una costante mediazione fra mondo interno e mondo esterno: questioni terapeutiche, organizzative e domestiche. La vita di gruppo, lo stile cooperativo, il continuo soffermarsi sulle dinamiche relazionali, sono gli assi terapeutici fondamentali. È necessario superare la concezione del minore psicotico come semplice somma dei suoi sintomi, dove lo scopo del lavoro consiste (esclusivamente) nel perseguire la possibilità di eliminarli, con maggiore o minore successo. È invece fondamentale interrogarsi sul significato del contesto ambientale nel percorso di cura, fattori come, la modalità relazionale, lo spazio e il tempo condivisi col paziente, assumono un  significato determinante nella funzione curante[1].

L’equipe ha la funzione di intrecciare le differenti abilità dei singoli, di elaborare le crisi e i vari accadimenti, di contenere i momenti di emergenza, rimanendo un gruppo che è qualcosa di diverso dalla mera somma d’individui[2]. Un contesto così intenso di implicazioni, una vicinanza così prolungata, una quotidianità coi pazienti, ingenera un intensa attività di  identificazioni e di proiezioni che finiscono per riverberarsi attraverso gli operatori che diventano cassa di risonanza dei loro stessi fantasmi. Quindi la funzione dell’Equipe è quella che Antonello Correale chiama “funzione ecologica del gruppo”, che il compito di fondare ogni volta, dopo ogni crisi, un ambiente favorevole al lavoro terapeutico all’insegna di uno stile omogeneo e regolato, comune a tutto il gruppo dei curanti[3]. I gesti e i fatti quotidiani dovranno seguire un filo che intreccia ogni evento nella vita di gruppo.

Il modo d’essere e il fare quotidiano, costituiscono un terreno di apprendimento che il contesto di gruppo amplifica, la comunità nel suo complesso svolge una funzione psicoeducativa offrendo la possibilità di riflettersi in uno specchio poliedrico dove l’immagine di ciascuno viene proiettata e riflessa da diverse angolazioni. Il quotidiano è scandito sulle abitudini e le necessità della vita in comune.

L’operatore opera “con” invece che “per” il paziente. La condivisione della quotidianità, comporta anche una divisione delle mansioni fra operatori e pazienti.  Gli operatori dovranno mantenere una chiarezza comportamentale e il rispetto delle regole e dei confini funzionali alla convivenza e alle finalità terapeutiche: importanza dei tempi, degli spazi e dei loro scopi.

La comunità propone un’alternativa alla relazione terapeutico duale. Il gruppo è stato concettualizzato come l’anello di congiunzione tra individuo e società, in esso infatti si rendono visibili le radici sociali del disagio individuale ed emergono le risorse che la cultura familiare e i valori predominanti della collettività tendono a soffocare. Ogni raggruppamento umano, istituzione o azienda, formato da una rete di unità che si intrecciano e interagiscono fra loro, trae grande vantaggio dalle modalità gruppali d’intervento.

La nozione di “gruppo-come-un-tutto[4] ha prodotto un grande cambiamento all’interno delle istituzioni di aiuto alla persona (Comunità, Ospedali, Servizi Territoriali). Grazie a questi autori (senza dimenticare l’enorme influsso di K. Lewin su Bion) venne esplorata l’area gruppale della  mente: capacità di pensiero del gruppo utile al processo di “metabolizzazione” degli elementi sensoriali ed emozionali.


[1] Ferruta, A., Foresti, G., Pedriali, E., Vigorelli, M., La comunità terapeutica. Tra mito e realtà, Milano: Cortina, pp. 90-103.

[2] Kaneklin, C., & Orsenigo, A. (1992). Il lavoro di Comunità. Roma: Nuova Italia Scientifica. Kaneklin, C., & Orsenigo, A. (1992). Il lavoro di Comunità. Roma: Nuova Italia Scientifica.

[3] Correale, A. (1991). Il campo istituzionale. Roma: Borla.

[4] Bion, W.R. (1961). Experiences in Groups. London: Tavistock, (tr. it., Esperienze nei gruppi. Roma: Armando, 1971). E Foulkes, S. H. (1964). Therapeutic Group Analysis. London: George Allen and Unwin (tr. it. Analisi terapeutica di gruppo. Torino: Boringhieri, 1967).