Mi limito, per favorire il più possibile un dibattito neutro, scientificamente orientato e libero da ogni pregiudizio, nel riportare alcuni aspetti, a mio avviso nodali, dell’approccio cognitivista nella clinica. Questa sarà solo una prima tranche di post sull’argomento. Ne seguiranno almeno altre due, forse tre. Speriamo che il desiderio resista almeno per un altro po’!
La terapia cognitiva si fonda sull’idea che l’elaborazione dell’informazione sia un tratto essenziale e caratterizzante l’essere umano. Attraverso di essa si costruiscono rappresentazioni di se stessi e del mondo esterno. L’elaborazione processa continuamente flussi d’informazioni offerti sia dall’esterno che dall’interno. Gli esseri umani, decodificano, interpretano, immagazzinano e recuperano informazioni. Il processo di elaborazione dell’informazione è fondamentale nell’adattamento e nella sopravvivenza dell’essere umano (D.A. Clark et al., 1999).
Piuttosto che rispondere direttamente all’ambiente le persone rispondono alle rappresentazioni cognitive dell’ambiente stesso.
Le rappresentazioni cognitive sono credenze, interpretazioni, pensieri, comportamenti. Queste possono essere monitorate, modificate e valutate.
Il cambiamento cognitivo influenza significativamente la dimensione emotiva e comportamentale (Dobson, Dozois, 2001). Il modello cognitivista considera necessario il cambiamento cognitivo al fine di ottenere un cambiamento stabile sia nel comportamento sia nella sfera emotiva.
Le rappresentazioni cognitive condizionano le risposte comportamentali e quelle fisiologiche, in modo adattivo o disadattivo, questo ultimo caso può comportare l’emergenza di disturbi emotivi e di altri disturbi mentali.
Il nostro modo di dare senso al mondo esterno è influenzato dall’informazione sensoriale (osservare l’avvicinamento di un cane), dalla memoria autobiografica a lungo termine (ricordare l’esperienza di aggressione ricevuta da un cane) dal ragionamento e la comprensione (ripensare alle implicazioni correlate con l’aggressione ricevuta dal cane).
Il disturbo psicopatologico è causato da un’errata elaborazione dell’informazione che produce l’attivazione eccessiva o deficitaria di determinati schemi di significato (A.T. Beck, 1987).
La terapia cognitiva ha l’obiettivo di intervenire sul sistema di elaborazione dell’informazione attenuando l’eccessivo valore di questi schemi disfunzionali rinforzando modelli di pensiero più adattivi (A.T. Beck, 1996; D.A. Clark et al., 1999).
Punti nodali della psicopatologia secondo la prospettiva cognitiva: l’elaborazione delle informazioni è fondamentale nella costruzione personale della realtà; l’adattamento e la sopravvivenza dell’essere umano sono strettamente dipendenti dall’elaborazione delle informazioni e dalla rappresentazione del significato; l’elaborazione dell’informazione incide sulle emozioni, i comportamenti e i processi fisiologici; l’intreccio tra il registro sensoriale prodotto dallo stimolo e il registro semantico è palese nel funzionamento cognitivo; nel sistema di elaborazione delle informazioni, l’attribuzione di significato, presenta differenti soglie di attivazione; le varie psicopatologie dipendono da una scarsa o eccessiva attivazione di particolari strutture di significato; il cambiamento delle strutture che hanno la funzione di attribuire significato è fondamentale per un processo di cambiamento dell’intera persona (D.A. Clark et al., 1999).
Riferimenti bibliografici
Clark DA, Beck AT, Alford BA: Teoria e terapia cognitiva della depressione (1999) Milano, Masson, 2001.
Dobson KS, Dozois D]A: Historical and philosophical bases or the cognitive-behavioral therapies, in Handbook or Cognitive-Behavioral Therapies, 2nd Edition. Edited by Dobson KS. NewYork, Guilrord, 2001, pp 3-39.
Beck AT: Cognitive models of depression. Journal of Cognitive Psychotherapy: An Internalional Quarterly 1:5-37, 1987
Beck AT: Beyond belief: a Theory of modes, personality, and psychopathology, in Frontiers of Cognitive Therapy. Edited by Salkovskis PM, New York, Guilford, 1996, pp 1-25