Fonte: W. Heisenberg, La tradizione nella scienza, trad. di R. Pizzi e B. Vitale, Garzanti, Milano, 1982, pagg. 24-25
Comunemente si crede che la nostra scienza sia di tipo empirico e che i nostri concetti e i nostri nessi matematici derivino da dati empirici. Se ciò fosse completamente vero, addentrandoci in un nuovo campo potremmo introdurre solo grandezze tali da potersi osservare direttamente e formulare leggi naturali solo in virtú di queste grandezze. Quando ero giovane pensavo che Einstein nella sua teoria della relatività avesse seguito proprio questa filosofia. Perciò cercai di fare qualcosa di analogo nella teoria dei quanti, introducendo le matrici. Ma quando piú tardi interrogai Einstein al riguardo, egli mi rispose: “Può darsi che questa sia stata la mia filosofia ma, nondimeno, si tratta di un’assurdità. Non è mai possibile introdurre in una teoria solo grandezze osservabili. Quello che si può osservare dipende sempre dalla teoria”. Con questa osservazione Einstein voleva intendere che, quando dall’osservazione diretta – di una linea nera su una lastra fotografica, di una scarica in un contatore o qualche cosa di simile – passiamo ai fenomeni ai quali siamo interessati, dobbiamo servirci di teoria e di concetti teorici. Non possiamo separare il processo di osservazione empirica dalla struttura matematica e dai suoi concetti. La piú evidente conferma di questa tesi di Einstein fu piú tardi il principio di indeterminazione.