Gli oggetti abbandonando qualcosa della loro azione reale finendo per raffigurare la loro azione virtuale. Questa azione virtuale non è altro che il possibile influsso dell’essere vivente su di essi. Questo punto è fondamentale.
Gli oggetti per raffigurare un’azione virtuale, cioè per divenire immagine, abbandonano qualcosa della loro azione reale. Perdono qualcosa. Diventano mancanti di qualcosa. Così diventano una possibilità. Un’astrazione. Parola questa composta da abs, “da” e etrahere, “trarre”, “trarre da”, “distogliere”, “separare”.
L’immagine è il resto di qualcosa che viene tolto all’oggetto in quanto tale. L’immagine cattura qualcosa di questo oggetto, fissa, solidifica quella possibile azione che io potrei esercitare sull’oggetto. L’immagine si costruisce a partire dall’utilità, dall’interesse che mostriamo per quella porzione di mondo. Noi misuriamo il grado di realtà dal grado di utilità. Tendiamo a credere che sia vero solo ciò che vediamo.
Il corpo è sempre orientato verso l’azione. Ciò serve a limitare, a circoncidere l’azione “immediata” della nostra pura “organicità”. Il fatto non è la realtà immediata ma un adattamento del reale agli interessi della pratica e alle esigenze della vita sociale.