Nelle strutture immaginarie e nelle costruzioni psicopatologiche più diverse è possibile una stessa configurazione, conscia o inconscia che sia, di agiti o di rappresentazioni. La psicoanalisi fondamentalmente cerca di far emergere dietro i sogni, i sintomi, i passaggi all’atto, coazione a ripetere ecc., le fantasie sottostanti.
L’analisi dimostra come certi comportamenti che apparentemente sembrano agganciati alle esigenze della realtà, invece non sono altro che delle emanazioni delle fantasie inconsce. In altre parole, tutta la vita del soggetto sembra configurarsi a partire da una sotterranea e strutturante attività fantasmatica.
Con la nozione di fantasia di desiderio (Wunschphantasie) Freud sancisce lo stretto legame tra il concetto di fantasia e quello di desiderio. Per Freud il desiderio trova la sua logica nell’esperienza del soddisfacimento, “è probabile che il primo atto di desiderio sia stato un investimento allucinatorio del ricordo di soddisfacimento”[1].
La fantasia è uno scenario organizzato, drammatizzato in forma immaginaria. Il soggetto è incluso in tali scene. Finanche nella scena primaria, dove non è solo un osservatore. La fantasia non è un oggetto desiderato dal soggetto, bensì una serie di scene in cui è presente anche il soggetto e in cui i ruoli si possono invertire. La fantasia è legata al desiderio e pertanto in essa albergano diverse operazioni difensive molto primitive: volgersi della pulsione sulla persona stessa del soggetto, la trasformazione nel contrario, il rinnegamento, la proiezione. Se la funzione primaria della fantasia è la rappresentazione fantasmatica del desiderio allora meglio si capisce da dove vengono queste difese: insieme al desiderio appare sempre anche il divieto.
[1] S. Freud, L’interpretazione dei sogni 1899, Opere di Sigmund Freud, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, vol. 3, p. 545