Freud si riferisce a “sogni diurni”, episodi, finzioni, scene create dal soggetto nello stato di veglia, per indicare cosa siano le “fantasie”. Breur e Freud, in Studi sull’isteria, hanno posto l’accento sulle produzioni fantasmatiche, ritenendola per la maggior parte inconsce, caratterizzate da stati ipnoidi. Stessa lettura Freud la fa in L’interpretazione dei sogni, dove parla di fantasie riferendosi ai sogni diurni, considerandole formazioni di compromesso con una struttura riconducibile a quella del sogno. Sono fantasie che entrano in gioco nell’elaborazione secondaria, processo quest’ultimo fondamentale nel lavoro del sogno ma che più degli altri è riconducibile all’attività da svegli.
In alcuni passaggi Freud usa l’espressione “fantasia inconscia” per indicare una fantasia sublimale preconscia alla quale ci si abbandona per poi prenderne consapevolezza e farne oggetto di riflessione. In Fantasie isteriche e loro relazione con la bisessualità, Freud riprende l’espressione “fantasia inconscia” per indicare quei precursori sintomatici connessi ai sogni diurni.
Altre letture (Capitolo VII del Die Traumdeutung) evidenziano la concezione della fantasia strettamente connessa con l’inconscio. Alcune fantasie sarebbero legate al desiderio inconscio alla base del processo di costruzione del sogno: la prima fase che porta al sogno si allarga “dalle scene e fantasie inconsce al preconscio”[1].
[1] S. Freud, L’interpretazione dei sogni 1899, Opere di Sigmund Freud, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, vol. 3, p. 524.