<<I fasci romani sono i litui dei padri nello stato delle famiglie >>[1] cioè l’unione tra le famiglie isolate, che segue il passaggio dal “dominio eminente civile” alle “città eroiche”, e quindi dai padri di famiglia si passò ai padri eroi. Il singolo lituo era lo scettro con il quale << i padri dettavano le pene dè loro figlioli >> [2]; successivamente l’unione di questi scettri generò “l’impero civile”.
Infine comparve Ercole. Ercole è l’exemplum individuale che raccoglie l’universale mondo della nobiltà, esso è il significato naturale, il carattere dei nobili Eraclidi padroni delle città eroiche, i quali << amministravano le guerre e le leggi >>[3]. Ercole sconfisse Anteo che per Vico era << il carattere de’ famoli ammutinati >>[4]. In tutte le nazioni si incontrano “clienti e clientele”, cioè quello che Vico intende per “vassalli e feudi”[5]; dove i vassalli ( i famoli) sono << [i] primi soci >>[6], cioè i primi compagni degli eroi che per salvare la propria vita chiesero protezione ai pii forti, cioè ai nobili, i quali, dal canto loro, in cambio, ottennero l’obbligo di essere serviti . Inizialmente, quindi, i famoli erano quei giganti pii che erravano senza meta nelle selve e che poi, inseguiti e braccati dai giganti più “robusti”, i giganti empi, chiesero protezione ai “pii forti”, gli eroi appunto, i quali assicurarono protezione ai deboli giganti braccati. I famoli quindi sono i giganti pii che otterranno sì protezione dai nobili, ma al caro prezzo della schiavitù; e questi stessi famoli saranno poi << i plebei dell’eroiche città >>[7].
I famoli non avevano voce in capitolo per quanto riguarda il dominio delle terre, e costretti a servire i padroni-eroi dopo lungo tempo si ribellarono, si rivoltarono contro gli i stessi ero.
Il gigante Anteo che affrontato sul suolo della terra, cioè di Gea, sua madre, era invulnerabile, morì soltanto per mano di Ercole che lo uccise << innalzandolo in cielo >>[8], cioè strozzandolo sulle spalle. Ercole << lo vince e l’annoda a terra>> e da qui si ebbe il << nodo erculeo >> con il quale si sanciva il pagamento di una decima agli eroi e con il quale ebbero origine le nazioni eroiche.
Ercole poi si effeminò, finì sotto i comandi di Onfale (Iole per Vico), figlia di Iardano re di Libia; vestito da donna si ritrovò tra le ancelle della regina, a compiere lavori femminili. A tutto ciò per Vico corrisponde l’ << assoggettire il diritto de’ campi a’ plebei >>,[9] cioè quella concessione che il senato, messo in serio pericolo dall’insorgere turbolento delle << caterve dè famoli >>, accordò ai plebei, concedendo loro << una legge agraria che si trova essere stata la prima di tutte le leggi civili che nacque al mondo >>[10]. Così i famoli con questa legge composero le prime plebi delle città: ed il forte e nobile Ercole si travestì da << femminuccia >>, ed allora nacquero <<le prime civili podestà, o sieno potestà sovrane dei popoli >>[11].
Ma la storia fantastica, infinita, del nome Ercole non ancora incontrò la sua fine. Ercole si ritrovò immerso in una nuova avventura, in una nuova lotta con il centauro Nesso che tentò di violentare la sua sposa Deianira. Ercole con una freccia ferì Nesso mortalmente, ma il centauro prima di morire regalò a Deianira un filtro, con la promessa che con questo avrebbe conquistato il cuore dell’uomo amato. Quando Ercole s’innamorò di Iole, Deianira gli fece avere attraverso Lica, una tunica pregna di quell’intruglio composto, all’insaputa di Deianira stessa, dal sangue e dal seme di Nesso. Ercole indossandola venne distrutto da un fuoco mortale. Nesso, << il mostro delle plebi >>[12], indica l’unione dei nobili con la plebe e la contaminazione con il sangue plebeo sempre a scapito degli eroi. Da qui venne la Legge Petelia con la quale i plebei, appunto, furono liberi dalla soggezione personale e divennero << vassalli ligi dè nobili >>[13], i plebei furono liberi e non più schiavi privati dei nobili. Il << nodo erculeo >> venne sciolto, il nodo che nella medicina romana veniva usato per le medicazioni si ruppe, la ferita guarì e i clienti non furono più annodati alla terra
Infine Ercole diventa oltre che il fondatore delle olimpiadi anche e soprattutto il fondatore dell’“anno poetico”, cioè del modo con cui prima si misurava il tempo, seguendo cioè il ritmo della semina la quale; la semina, che iniziò proprio grazie ad Ercole che dando fuoco alle selve le rese coltivabili: “perch’egli diede fuoco alle selve per ridurle a terreni da semina, onde furono raccolte le messi, con le quali dapprima si numeravano gli anni”.[14]