Nella fase anale i bambini iniziano a padroneggiare il proprio corpo attraverso la scelta di lasciare o quella di trattenere le feci. Una prima forma di controllo sul mondo, una prima forma di potere.
Se nella fase orale emerge la componente dell’ “avere” senza un “essere”, nella fase anale invece c’è un primo esercizio del potere. Il potere di controllare qualcosa produce un’elevata gratificazione.
Freud individua due processi, di fissazione o di regressione ad una determinata fase. Fissarsi alla fase orale produce disturbi dell’alimentazione. Infondo il cibo rappresenta l’accettazione o il rifiuto della vita. In questo caso sussiste una sorta di rapporto con l’incertezza.
Nella fase anale, invece, abbiamo una fissazione con il potere, ciò è correlato al grado di soddisfazione avuta o non avuta in questa fase. I leader, per esempio, non possono far a meno di un controllo generalizzato del mondo. Nella deriva paranoica se non si ha il controllo di tutto il mondo, è il mondo stesso a diventare persecutorio.
Il complesso edipico si ispira ad una tragedia di Sofocle che racconta la storia di Edipo Re. Laio, sovrano di Tebe che aveva ricevuto da Tiresia, indovino, la profezia che uno dei suoi figli lo avrebbe ucciso. Il sovrano decide di uccidere tutti i figli. Il pastore incaricato di uccidere il figlio di nome Edipo, dopo un momento di incertezza decide di salvargli la vita tenendolo con sé. Da adulto, girovagando, si reca verso la sua città d’origine, Tebe. Ad un incrocio, per una banale questione di precedenza del tipo “passo prima io passi prima tu”, entra in collisione con un carro che stava arrivando, uccidendo Laio, suo padre. Successivamente entra nella città di Tebe. Risolve l’enigma, precondizione affinché la città sia liberata dalla peste e viene acclamato da tutti i tebani. Prende sposa Giacasta, senza sapere che era sua madre. Avrà da lei due figli. Incuriosito, chiede informazioni informazione sulle sue origini a Tiresia, il quale risponde che è meglio non sapere. Insiste e Tiresia gli dice: “hai ucciso tuo padre ed hai generato con tua madre”. Edipo, disperato, si acceca e finisce con il vagabondare nella foresta.
Freud rilegge questo mito come una tappa fondamentale dello sviluppo psichico di tutti di noi. L’identità e le capacità relazionali, si acquisiscono proprio lungo il percorso edipico (4-6 anni).
Il bambino fa tutto quello che fa papà. Lo imita. Il padre crede che il figlio ami lui. In realtà sta imparando a diventare come il papà che possiede la madre. Così il figlio impara a diventare maschio, e ciò nonostante, con la madre, ovviamente, a letto continua ad andarci il padre. Segue la frustrazione che può avere un esito depressivo oppure un effetto incentivante. Il bambino conosce la sua identità imitando il padre ed amando il primo rappresentante dell’altro sesso, ovvero la madre, impara a conoscere la relazione con l’altro sesso.
Se il mondo femminile è caratterizzato dal “due”, quello maschile è contrassegnato dall’uno. Il “due” vuol dire l’“uno” e l’“altro”. Il corpo femminile è strutturalmente già per l’altro, l’altro è il figlio. Il corpo femminile è già “due”.
La donna è soprattutto relazione, Io e l’altro, a partire dalla relazione si struttura una identità. Il suo corpo lavora per l’economia della specie: è un individuo e contemporaneamente anche funzionaria della specie.