Quando Lacan ci fa passare nel Seminario XI dalla nozione di inconscio strutturato come linguaggio, come concatenazione di signficanti, ad un inconscio come pulsione temporale, allora siamo nel tempo. Con la beance causale le cose non vanno a posto. Quando Lacan dice che c’è causa solo là dove c’è qualcosa che zoppica e zoppicherà, non si può guarire dall’essere nel tempo. Da una causalità estensiva ad si passa ad una causalità temporale. Lacan ci porta su un altro piano di riflessione.
Il tempo spazializzato è sempre il tempo della suggestione. Se A causa B, A precede inevitabilmente B.
Nel tempo della pulsazione occorre considerare un intervallo, una sospensione, un varco. L’esistenza di un soggetto sul piano immanente della realtà, qualcosa che introduce un certo margine di indeterminazione. Se l’animale reagisce ad un certo istinto, l’uomo sospende, ha la possibilità di pensarci un attimo. La differenza tra istinto e pulsione è che la pulsione è inserita, ingranata nel dispositivo pensante che permette delle scelte. Nell’uomo c’è un intervallo possibile. Non c’è un immediato. Si apre una gamma. Non c’è rapporto sessuale significa anche la libertà dell’uomo, la possibilità di entrare in una gamma di scelte. C’è una libertà. A non precede necessariamente B. Sullo sfondo dell’inconscio pulsionale, B non segue necessariamente A. L’effetto, la conseguenza si inserisce in quello che nasce in questo abisso aperto della pulsazione. Questo ci fa considerare il passato non semplicemente come la premessa del presente ma in un certo senso permanentemente manca il presente. Il presente è sempre bucato e non sarà mai completamente colmato dal passato.
Il passato non è mai semplicemente ciò che precede la nostra azione. Ciò ha un forte valore clinico. Il passato è ciò che sempre manca. La nostra azione non si basa semplicemente sul fatto di recuperare un ricordo. I ricordi sono degli schemi, dei paradigmi, e non sono mai ciò che ci fa dire che siamo giunti ad una svolta. Il centrale del processo analitico non è ritrovare un ricordo, ma di capire come quel ricordo sia stato innalzato a valore di paradigma, e come questo informi l’attualità della vita del soggetto. La psicoanalisi ha il compito di liberare l’altro dal senso, ha il compito di ridurlo al proprio reale. Di accompagnarlo nel giardino primordiale dove tutto si crea e tutto si distrugge.