Quindi, l’inconscio produce esso stesso i propri stimoli che sono in grado di condizionare l’azione, è una riconfigurazione delle tracce riconnesse in uno scenario fantasmatico, tracce scollegate definitivamente dallo stimolo esterno che le ha generate ormai diventato mitologico.
I tal senso possiamo parlare di “inconscio primario” come ricettacolo di quelle tracce che rappresentano i pilastri costitutivi della nostra realtà inconscia.
La psicoanalisi punta a cogliere quei significanti, segni della percezione, tracce sinaptiche, che collegatisi con altri significanti, hanno prodotto una nuova traccia, inconscia, che è diventata elemento costitutivo della nostra soggettività, della nostra realtà interna inconscia. Questi significanti primari contengono in sé sia qualcosa di riconducibile alla realtà esterna che li ha generati, sia qualcosa della catena significante dello scenario fantasmatico in cui sono rimasti irretiti.
Sono significanti situati nella soglia che include la realtà interna e quella esterna, è una soglia che consente un’apertura sullo scenario fantasmatico inconscio.
Questo disvelamento è in grado di agire sulla ripetitività sintomatica che ci porta a compiere sempre le stesse azioni in modo vincolante. Una volta riconosciuti e identificati qui significanti “liminari”, non riusciremmo forse comunque a metterli in relazione di causalità diretta né rispetto alla loro componente fantasmatica né rispetto alla loro componente di realtà. Potremmo semmai riuscire attraverso delle invenzioni soggettive a sbrogliare qualcosina di quella matassa significante frutto della costruzione inconscia interna. Identificando quei significanti diventa possibile trovare delle soluzioni creative rispetto alle costrizioni che lo scenario fantasmatico ci impone, riuscendo forse ad inventare risposte nuove.
La psicoanalisi non ci aiuta solo a trovare le cause del nostro malessere, ci sostiene nelle nostre invenzioni, le sole in grado di farci avanzare verso un rapporto più equilibrato con la realtà esterna.
Lo scenario fantasmatico interferisce nella coscienza perturbandola, influenzando la nostra percezione della realtà, le nostre azioni. Tuttavia ci sono elementi di quella realtà inconscia che non raggiungeranno mai la nostra coscienza, perché tenuti nella realtà inconscia. Freud introduce proprio per questo il concetto di rimozione.
Alcuni contenuti dello scenario fantasmatico vengono respinti dalla coscienza, perché l’apparizione di queste spinte pulsionali sono insostenibili per il soggetto, generano in sostanza sensazioni di dispiacere.
La rimozione ha come fine quello di evitare il dispiacere somatico collegato allo scenario fantasmatico.
Uno stato somatico di dispiacere lo incontriamo anche quando la rimozione del rappresentante pulsionale si sfilaccia. In questo caso avremmo uno stato d’angoscia, di frustrazione, di tristezza.
Quindi possiamo dire che la rimozione dello stato somatico è meno efficiente rispetto alla rimozione della traccia fantasmatica ad esso collegata.
Freud si sofferma sulla dissociazione che abbiamo tra la rimozione della rappresentanza pulsionale e il quantitativo d’affetto ad esso associato.
L’esempio della zoofobia[i] ci mostra come il moto pulsionale rappresenti un stato libidico indirizzato al padre, la rimozione espelle questo atteggiamento libidico dalla coscienza facendo perdere le tracce del padre come oggetto della libido. Sostituto del padre, anch’esso angosciante, diventa un animale. Tale sostituzione è stata possibile grazie allo «spostamento» avvenuto sulla scia di determinate concatenazioni di associazioni. Il quantum affettivo non sparisce, resta quello più difficile da rimuovere, si è trasformato in angoscia di fronte al lupo che sostituisce una richiesta libidica indirizzata al padre. Ci troviamo dinnanzi ad una rimozione fallita.
La rimozione della rappresentazione riconducibile allo scenario fantasmatico inconscio non è bastata perché il quantum d’affetto ad essa associato produce comunque i suoi effetti, cioè non venendo “sufficientemente” rimosso si ripresenta sotto la forma dell’angoscia.
Freud al riguardo ci dice che ciò che viene rimosso ritorna dall’inconscio andando a perturbare la nostra coscienza.
Ci sono delle tracce primarie che provengono dalla percezione del mondo
esterno e che sono registrate in modo diretto nell’inconscio, senza cioè essere
sottoposte al processo associativo e di trascrizione secondario, sono cioè
tracce registrate nei circuiti amigdalici attraverso le vie sensoriali primarie
che proiettano senza intermediari dal talamo all’amigdala. Queste vie sono alla
base delle percezioni e sono inconsce.[ii]
Tali percezioni, seppure inconsce, possono lasciare
delle tracce sinaptiche che non sono riorganizzate e che alimentando fin dall’origine
uno scenario fantasmatico inconscio.
[i] Freud S., Metapsicologia (Rimozione), OSF, vol. 8, p. 45.
[ii] LeDoux J., Il cervello emotivo: alle radici delle emozioni, Baldini & Castoldi, Milano, 1999.