Nello specchio, il corpo-in-frammenti del bambino diventa unitario attraverso l’identificazione all’immagine che si riflette in esso.
Ciò è possibile grazie all’assunzione giubilatoria di questa immagine riflessa nello specchio.
Questo è un passaggio drammatico.
Il corpo è tale se si identifica a qualcos’altro. Cioè se assume l’immagine (io-ideale) come l’ideale dell’io.[i].
Il corpo diventa immagine che poi ritorna al corpo.
Husserl distingue il corpo come cosa (Körper) dal corpo vissuto (Leib).
Freud distingue il corpo biologico, cioè il corpo dei meccanismi fisiologici, dei bisogni, delle reazioni neurovegetative (Körper), dal corpo libidico, il corpo del desiderio, con le zone erogene, il corpo erotico, è il corpo nel mondo (Leib).[ii] «Nella mia attività percettiva percepisco (o posso percepire) tutta la natura e in essa la mia corporeità propria che in quest’atto è perciò riferita a se stessa. Ciò diviene possibile perché io posso percepire una mano per mezzo di un’altra, l’occhio per mezzo della mano e così via, ove l’organo funzionante deve farsi oggetto e l’oggetto organo funzionante»[iii].
Anche Lacan come Husserl e Freud avanzerà una sua teoria dei “due corpi” che troveremo in Radiofonia.
Per Lacan il corpo non si forma come immagine a partire dalla dinamica toccante/toccato, vedente/visibile, come accade in Husserl e in Merleau-Ponty (Fenomenologia della percezione).
Merleau-Ponty in Fenomenologia della percezione, ribadisce che ciò che noi individuiamo come essere il nostro corpo non è in effetti il nostro corpo reale ma una sua certa (e vaga) immagine.
Scrive Merleau-Ponty: «è stato possibile dimostrare che non riconosciamo mai la nostra mano in fotografia, […] e che, per contro, ognuno riconosce il suo profilo o il suo modo di camminare filmato. Così, non riconosciamo con la vista ciò che tuttavia abbiamo visto spesso, mentre riconosciamo immediatamente la rappresentazione visiva di ciò che nel nostro corpo ci è invisibile.»[iv].
Noi siamo il nostro corpo e allo stesso tempo vediamo il nostro corpo, come nostro ma in qualche modo distante da noi.
Ne siamo in possesso ma allo stesso tempo spossessati. Ci siamo appiccicati ma allo stesso tempo distanti.
La mano toccante/toccata di Husserl (ripresa più volte da Merleau- Ponty, da Fenomenologia della percezione, a Il filosofo e la sua ombra – saggio del 1959 dedicato a Husserl – fino a Il visibile e l’invisibile) ci insegna che il toccante si trova oltre il toccato, va aldilà di questo, è distante da esso. Toccante e toccato sono separati in casa.
Il toccato può diventare toccante quando la distanza è annullata.
Posso essere un corpo che nomino come mio, che considero capace di eseguire le sue funzioni, a condizione di considerare mia l’immagine del mio corpo che emerge a distanza da me.
È un’immagine che nasce al di là di me, un’immagine che mi tocca.
Il corpo produce, riproduce il linguaggio ed è prodotto da esso, dal taglio significante, dall’incisione che il significante vi produce rendendolo corpo pulsionale. [v] [vi]
Il corpo si inscrive a pieno nel linguaggio, nella funzione simbolica. Indipendentemente dal fatto che il corpo sia vivo, corps o morto, corpse.
La sepoltura è il primo simbolo che
testimonia la separazione tra il corpo cadavere, reale, ciò che resta, e corpo
simbolico, fantasma.[vii]
Il corpo simbolico del linguaggio ingloba il corpo
organico e ciò produce come effetto il corpo pulsionale. Il corpo si
costituisce a partire dalla marcatura che lo dispone «in un susseguirsi di
significanti»[viii]. Il
significante scompone la monoliticità del corpo, taglia il corpo, che si costruisce
proprio grazie alla perdita, ad un continuo distanziamento dalla propria
condizione di pura organicità. Il corpo pulsionale si costruisce intorno ad un
vuoto il corpo come “cosa”. Il corpo in quanto organismo animale diventa corpo
pulsionale, corpo che spinge verso qualcosa, corpo in movimento, diretto alla
ricerca, corpo umano attraverso una serie di tagli simbolici, tagli
significanti che lo negativizzano, cioè creano dei vuoti, spazi di “pensabilità”
possibili. È un corpo decompletato, svuotato attraverso l’azione del linguaggio
che iscrive l’organismo in una dimensione simbolica.
[i] «L’identificazione non è dunque semplice imitazione, bensì appropriazione in base alla stessa pretesa etiologica. Essa esprime un “come”, e si riferisce a qualche cosa di comune che permane nell’inconscio», Freud S., L’interpretazione dei sogni, in S. Freud, Opere, Vol. 3, Bollati Boringhieri, Torino 2002, p. 145.
[ii] Vedi Freud S., Tre saggi sulla teoria sessuale, OSF.
[iii] E. Husserl, Meditazioni cartesiane con l’aggiunta dei discorsi parigini, Bompiani, Milano 1960, p. 119.
[iv] M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano 2003, p. 213.
[v] L’essere umano è più del suo corpo. Questo “di-più” è l’Altro. L’Altro che non esiste. «L’uomo è più che il suo corpo, pur non potendo sapere niente di più del suo essere». J. Lacan, Discorso sulla causalità psichica, cit., p. 181.
[vi] L’Altro ha un corpo eppure non esiste. «Che cos’è che ha un corpo e che non esiste? Risposta – il grande Altro». Lacan J., Il Seminario. Libro XVII il rovescio della psicoanalisi, Einaudi, Torino 2001, p. 77.
[vii] «Il primo simbolo in cui possiamo riconoscere l’umanità nelle sue vestigia è la sepoltura, e il tramite della morte si riconosce in ogni relazione in cui l’uomo nasce alla vita della sua storia». «[…] la sepoltura, ossia dove, di una specie, si afferma che, al contrario di qualunque altra, il corpo morto mantiene in essa quanto conferiva al vivo il carattere di corpo […] il corpo che la parola abitava, che il linguaggio corp(se)ificava.». Lacan J., Radiofonia, in AA.VV., Scilicet, Feltrinelli, Milano 1977, p. 159.
[viii] Lacan L., Radiofonia, op. cit., p. 159.