Basi teoriche – Rational emotive behavior therapy (REBT) [3]

Il principio fondamentale della REBT è l’idea che la sofferenza psichica sia l’effetto di pensieri illogici incistatisi a causa della loro «costante autoripetizione»[1]. Il pensiero illogico è la causa delle sofferenze: le semplificazioni, le esagerazioni, le deduzioni errate, generalizzazioni, pretese e i sintomi, le emozioni patologiche e disfunzionali, sono modificabili analizzando e modificando il proprio modo di pensare.

La sofferenza è intesa come un’attivazione emotiva patologica derivante da tre livelli cognitivi[2] concernenti in sostanza i pensieri coscienti.

Il primo livello si caratterizza per: percezione, pensieri automatici e attribuzioni negative. Facciamo un esempio. Mario riceve una telefonata nella quale gli viene detto di aver dimenticato di inviare una mail importante di lavoro. Questo è un fatto. Percepisce un tono di disapprovazione: “Non hanno apprezzato il mio lavoro”. Pensa automaticamente: “Sbaglio sempre”. L’attribuzione negativa sarà qualcosa del tipo: “Sono incapace”.

Abbiamo sin qui: l’accadimento, la realtà (confermabile o meno da un testimone per esempio) che è quella che si riferisce alla percezione sociale di ciò che sarebbe accaduto (“c’è una telefonata in cui viene detto questo e quest’altro”); la realtà percepita (quello che ci potrebbe raccontare Mario); ed infine abbiamo la realtà inferita, ovvero le conclusioni a partire da quando Mario ha percepito (“mi disprezza”); l’auto-attribuzione (in genere) negativa.

È questo il livello sul quale abbiamo dei costrutti inferenziali che possono causare una certa condizione di malessere ed è a questo livello che agisce principalmente la CBT di Beck[3] ossia opera sui pensieri negativi automatici coscienti sottoposti all’esame della realtà empirica.

Il secondo livello cognitivo comprende: la terribilizzazione, l’autosvalutazione totale e l’intolleranza alla frustrazione.

Sono derivati del primo livello: “è terribile non essere apprezzato a lavoro”, “Sono un fallito”, “Non riuscirò a sopportare il fallimento”.

A questi primi due livelli si aggiunge il terzo, quello più profondo e radicato, potremmo dire, il nocciolo centrale del modello psicopatologico della REBT: le pretese sulla realtà.

La credenza fondamentale, quella che potremmo definire come la radice di ogni sofferenza psichica sarebbe la pretesa che il mondo intorno a noi sia così come noi pretendiamo che sia. Le frasi automatiche contengono sempre nella loro essenza questa pretesa.

Il sintomo, secondo questa prospettiva è un certo stato somatico intenso connotato in senso negativo e spiacevole, è il precipitato di qualcosa che sembra essere causato da una certa “situazione”, ma in realtà, ed è su questo che punta a far luce il processo terapeutico, è causato da credenze irrazionali. Credenze che si incarnano all’interno delle attribuzioni di senso che fioriscono nelle «sciocche frasi»[4] che ripetiamo a noi stessi, tutte le volte, e per lo più senza accorgercene. Siamo sempre immersi in questo flusso di enunciati, continuamente, senza tregua, enunciati che si portano dentro il nucleo di credenze irrazionali.

Le valutazioni, le attribuzione di senso, le interpretazioni si esprimono in quelle “frasette” del tipo: “va bene”, “va male”, “è giusto”, “ingiusto”, “è inaccettabile”, “è terribile”, “mi piace”, “non mi piace”, “dovrebbe essere così” o “in quest’altro modo”, “è finita”, “perderò tutto”, “sono un fallito”, “resterò solo”, “la vita non ha senso” ….

Faccio notare che sono attribuzioni di valore universale o quanto meno universalizzabili nel senso che vanno bene per chiunque. Sono frasette che denotano un certo giudizio sul mondo e sono frasi perfettamente decodificate dal codice e se non lo fossero, per poter procedere con la terapia razionale, è necessario farlo. La frase deve essere decodificata dal codice. Se riprendiamo il Grafo, stiamo parlando di un discorso tutto garantito in A, in un A a cui non manca niente, pieno. È il discorso razionale, il luogo della parola vuota, ovvero il luogo del discorso concreto finalizzato a farci intendere dall’altro. È qui che si gioca la partita della REBT, nella parte sotto del Grafo.

Ritornando alla REBT: “è terribile che lui mi abbia rimproverato”, “non dovrebbe (non deve) rimproverarmi”, “non dovrebbe (non deve) disprezzarmi”, “non avrei dovuto (non devo) …”, sono valutazioni, interpretazioni e pretese.

Indipendentemente dai fatti la REBT punta allo scardinamento delle credenze irrazionali e non precipuamente degli “errori cognitivi” per colpa dei quali mal interpreteremmo la realtà esterna. Detto altrimenti, non è il valore di verità delle nostre valutazione ad essere oggetto del lavoro terapeutico della REBT che invece agisce su quelle credenze irrazionali concepite come matrici di tutti i pensieri automatici negativi: il mondo deve andare così come io pretendo che vada, io devo essere amato, io devo essere apprezzato, io devo essere performante.

Indipendentemente dall’accadimento, dalla percezione (es “disprezzano il mio lavoro”, dall’attribuzione negativa (“Sono incapace”), la REBT ritiene che la causa principale di sofferenza risieda nella credenza che queste inferenze siano terribili o nella credenza di non riuscire a tollerare la frustrazione (es. “Non riuscirò a sopportare il fatto di aver fallito:”), e sia la terribilità che l’intolleranza alla frustrazione poggiano sulla pretesa di piacere agli altri: “Devo essere sempre apprezzato a lavoro”, “Se sbaglio o sono negligente allora sono una persona inutile”, “E’ terribile che gli altri pensino che io sia incapace”.

Faccio notare anche qui che manca una soggettivazione di quello che accade, abbiamo solo fatti e valutazione degli stessi. Abbiamo cioè un A pieno, non mancante di niente.

Facciamo un esempio che forse esprime bene e in sintesi la concezione psicopatologica della REBT.

Realtà percepita: “sono poche le volte in cui mia moglie mi accoglie a casa con un bacio, i suoi sentimenti si stanno raffreddando, mia moglie non mi ama “, pensiero automatico: “è finita, resterò solo”, attribuzione negativa: “ho dei difetti, ho sbagliato, è per questo che non mi ama”, terribilizzazione: “è terribile che mia moglie non mi ami più”, autosvalutazione totale: “sono un fallito, non valgo niente, non sono degno di essere amato”, intolleranza alla frustrazione: “non posso sopportare di non essere amato da mia moglie”, pretesa: “mia moglie deve amarmi”, “devo essere amato da mia moglie”, conseguenze somatiche: angoscia, malinconia, rabbia disfunzionale…, conseguenze comportamentali: aggressività, chiusura, evitamento….

Per la REBT non sono le inferenze (primo livello cognitivo) la causa della sofferenza, ma le valutazioni (secondo livello cognitivo) di queste fondata sulla terribilizzazione, l’autosvalutazione assoluta e l’intolleranza alla frustrazione. Queste, tuttavia, sono considerate come derivate delle credenze irrazionali più profonde, quelle del terzo livello cognitivo caratterizzato dalle pretese sul mondo: le doverizzazioni[5].

Le credenze irrazionali inizialmente erano tredici[6]. Saranno poi altri autori[7] che sistematizzeranno le credenze irrazionali riducendole alle quattro valutazioni delle inferenze, ovvero terribilizzazione, autosvalutazione,  svalutazione degli altri e intolleranza delle frustrazioni, le pretese irrealistiche e assolute su un evento o sulle persone.

W. Backx definisce le credenze irrazionali come “espressione cognitiva dell’indisponibilità ad accettare un aspetto indesiderato della realtà che ostacola i proprio sforzi di ottenere qualcosa di positivo o impedire qualcosa di negativo”[8]. Quindi, pretendere che la realtà sia diversa da come è rifiutandosi di accettarla, è la fonte di tutte le sofferenze psichiche.

Le credenze irrazionali ineriscono quattro aree: relazioni sociali, successo, benessere e giustizia[9]. Si declinano le credenze irrazionali tenendo conto che, e questa sarà l’ipotesi fondamentale alla base della clinica della REBT, l’intervento terapeutico dovrà agire innanzitutto sulle pretese attraverso al tecnica del disputing, la disputa con la quale il terapeuta promuove una modalità di pensiero più razionale. Anche qui è evidente come il terapeuta sia perfettamente sovrapponibile al grande Altro.

Ellis[10] sottolinea che  le credenze irrazionali per antonomasia sono le pretese (su noi stessi, gli altri e il mondo) e le valutazioni (terribilizzazione, autosvalutazione, svalutazione degli altri e intolleranza della frustrazione) sono in realtà delle derivate.

Ecco una sintesi di questo modello di Ellis dove è evidente la centralità delle pretese nella formazione del sintomo[11]:

Può essere interessante anticipare qui una rappresentazione diagrammatica del modello di Beck, che articoleremo nel prossimo capitolo[12]:

Nel modello di Beck emerge con chiarezza il ruolo meno centrale delle pretese[13]  che qui diventano solo un fattore di mediazione tra le credenze irrazionali (valutazioni cognitive) e il vero e proprio disturbo psicopatologico. Dal punto di vista della cura questa prospettiva costituisce un vero e proprio cambio di paradigma per l’intervento psicoterapeutico che agirebbe soprattutto sulla terribilizzazione, l’intolleranza alla frustrazione e la valutazione globale di sé e degli altri e secondariamente sulle pretese.

In estrema sintesi, la REBT ritiene che la causa principale della sofferenza emotiva sono i pensieri irrazionali (ovvero enunciati, frasi). Quindi, per ridurre efficacemente il disagio emotivo è necessario modificare il proprio modo di pensare. L’essere umano tende naturalmente a pensare in modo irrazionale e a farsi travolgere dalle emozioni disfunzionali. L’insistenza nel ripetere a noi stessi le credenze irrazionali alla base dei pensieri irrazionali è la principale causa di sofferenza psichica. Modificare le credenze irrazionali richiede impegno, applicazione e costanza tuttavia è il più efficace metodo per ridurre la sofferenza.


[1] Cfr. A. Ellis, Ragione ed emozioni in psicoterapia, Roma, Astrolabio, 1989, p. 92.

[2] Cfr. AA. VV., Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale, Milano, Raffaelo Cortina, 2014, pp 36-37.

[3] A.T. Beck, The current state of cognitive therapy: A 40-year retrospective, in Archives of General Psychiatry, 62(9), 2005, pp. 953-959.

[4] A.Ellis, Ragione e  emozione in psicoterapia, Roma, Astrolabio, 1989, p. 38.

[5] A. Ellis, Reason and Emotion in Psychotherapy: A Comprehensive Method of Treating Human Disturbance, 2a ed. rivista e ampliata, New York, Birch Lane Press, 1994; A. Ellis, & W. Dryden, W., The practice of rational emotive behavior therapy (2nd ed.). Springer Publishing Co., 1997; A. Ellis, C. MacLauren, Rational Emotive Behavior Therapy: A Clinician’s Guide, San Luis Obispo, Impact Publishers , 2005.

[6] A. Ellis, Ragione ed emozione in psicoterapia (1962), Roma, Astrolabio, 1989; A. Ellis, R. Harper, (1975), A New Guide to Rational Living, Prentice-Hall, Englewod Cliffs, 1975.

[7] M. E. Bernard, R. Di Giuseppe, Inside Rational-Emotive Therapy: A Critical Appraisal of the Theory and Therapy of albert Ellis, New York, Accademic Press, 1989; P. M. Burgess, Toward resolution of conceptual issues in the assessment of belief system in rational-emotive therapy, in Journal of Cognitive Psychotherapy, 4(2), 1990, pp. 171-184; R.  Campell, The psychology of homosexuality, in A. Ellis, M. E. Bernard, (a cura di), Clinical Applications of Rational-Emotive Therapy, New York, Plenum, 1985, 153-180.

[8] AA. VV., Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale, Milano, Raffaelo Cortina, 2014, p. 42.

[9] Ivi, p.45.

[10] A. Ellis, C. MacLauren, Rational Emotive Behavior Therapy: A Clinician’s Guide, San Luis Obispo, Impact Publishers, 2005.

[11] AA. VV., Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale, Milano, Raffaelo Cortina, 2014, p. 47.

[12] Ibidem.

[13] A. T. Beck, Principi di terapia cognitiva, Un approccio nuovo alla cura dei disturbi affettivi, Roma, Astrolabio, 1984; J. S. Beck, Terapia cognitiva. Fondamenti e prospettive, Milano, Mediserve, 2002.