Fonte: Aristotele, I Topici, Loffredo, Napoli, 1974, pagg. 93-94 – Topici, 103b 20-38.
1 [103b] Dopo di ciò bisogna dunque definire i generi dei predicati, nei quali sono presenti i quattro predicati sopraddetti. Essi generi sono, quanto al numero, dieci: essere il ciò che qualcosa è, essere di una certa quantità, di una certa qualità, in una certa relazione, in qualche luogo, in qualche tempo, in una certa posizione, avere qualcosa, fare qualcosa, subire qualcosa. E infatti sempre l’accidente e il genere e il proprio di qualcosa e la definizione saranno compresi in uno di questi predicati, dato che tutte le posizioni costituite mediante questi ultimi indicano o il ciò che qualcosa è o l’essere di una certa quantità, o qualità, o qualcuno degli altri predicati.
2 È chiaro dalle cose stesse che chi indica il ciò che qualcosa è qualche volta indica l’essere, qualche volta l’essere di una certa quantità, qualche volta l’essere di una certa qualità e qualche volta qualcuno degli altri predicati. E infatti quando, essendo proposto un uomo come oggetto, uno dica che l’oggetto propostogli è l’uomo o vivente, dice il ciò che è e indical’essere di quello. Quando invece, essendo proposto come oggetto un colore bianco, uno dica che l’oggetto propostogli è bianco o colore, dice il ciò che è e indica la qualità. E ugualmente anche se, essendo proposta come oggetto una grandezza di un cubito, dica che l’oggetto propostogli è una grandezza di un cubito, dice il ciò che è e indica la quantità, e parimenti per le altre cose; infatti ciascuna delle simili cose, sia che si dica essa di se stessa, sia che di essa si dica il genere, essa indica il ciò che è; quando invece essa si dica di altro, allora non indica il ciò che è, ma la quantità, la qualità o uno degli altri predicati.