Appunti su Einstein: a ciascuno il suo tempo

In “La relatività, esposizione divulgativa” Einstein prende l’esempio di un treno fermo in stazione. Ciò che accade sul treno fermo è lo stesso che si verifica sulla banchina. I due sistemi sono gli stessi. Se il treno parte, c’è una accelerazione  iniziale. Quando questa si è stabilizzata, ossia quando la velocità raggiunge il suo regime, non c’è più accelerazione e il treno si muove a velocità costante rispetto alla banchina. Quali sono le differenze tra ciò che vediamo succedere sulla banchina e ciò che vediamo succedere sul treno?

Supponiamo la caduta di due fulmini. Ipotizziamo di essere sul treno fermo e di essere a metà tra i due punti, A e B, e immaginiamo che i due fulmini arrivino simultaneamente in A e in B.  Siamo fermi, siamo a metà strada e osserviamo i due fulmini arrivare. Con un non meglio specificato strumento misuriamo questi eventi appurando che i fulmini arrivano simultaneamente in A e in B.

Ora supponiamo che il treno si stia muovendo andando da A verso B. Cosa accadrebbe? La luce, che arriva nel punto B a colui che inizialmente stava a metà strada tra A e B, arriverà un po’ prima, per il semplice fatto che ci siamo mossi verso questo punto (B). Avvicinandoci ad uno dei due punti, la luce, dovrà percorrere meno spazio rispetto al nostro punto di osservazione. Invece, allontanandovisi, lo spazio da percorrere aumenterà. Pertanto il bagliore del fulmine che arriva nel punto B, verrà percepito, da colui che originalmente stava tra A e B, prima del bagliore che gli arriva dal punto A.

Ciò implica che ciò che è simultaneo per chi osserva dalla banchina restando fermi, (ricordiamoci che in questo caso i due, bagliori, i due raggi di luce, ci arrivano allo stesso tempo perché siamo a metà strada fra i due punti) non lo è più rispetto a colui che è sul treno in movimento. Questo vuol dire che la “visione” del tempo che un osservatore fermo sulla banchina ha, è diverso da quello dell’osservatore in moto. L’idea newtoniana di un tempo unico per l’intero universo, a partire dal quale ciò che è simultaneo in una certa parte dell’universo faceva sì che fosse simultaneo in tutte le altre parti dell’universo, questa concezione del tempo, non tiene più. Per Einstein non c’è un tempo assoluto, un tempo unico per tutti gli osservatori. Ogni osservatore ha il suo tempo. Tempi che possono essere coordinati tra di loro. Chi è sulla banchina può prevedere ciò che non sarà simultaneo per l’osservatore che si muove, e il fatto che io lo possa prevederlo implica che io possa coordinare le mie osservazione con le sue, tenendo fermo che ciò che è simultaneo per me non lo è per lui. Ognuno ha una sua nozione singolare di tempo, ognuno ha un tempo individuale.

Se i due osservatori hanno un loro orologio sincronizzato, quando il treno parte, che cosa succede all’orologio di colui che parte? Cosa per colui che lo guarda partire fermo dalla banchina? L’orologio è un fenomeno oscillatorio periodico che assumiamo come punto di riferimento della nostra misurazione del tempo. Immaginiamo un metronomo, ed ipotizziamo che ci sia un’oscillazione ogni secondo e che per ogni oscillazione ci sia un ticchettio dell’orologio dovuto al movimento della lancetta. Quando il treno è fermo l’osservatore che si trova sulla banchina vede questa oscillazione e si accorge che fra le due oscillazioni consecutive il treno parte. Mentre il treno che si muove, man mano che si allontana, l’osservatore, per poter vedere e misurare l’intervallo tra le due oscillazioni, deve aspettare che la luce ritorni dal treno fino a lui portandogli la fotografia di ciò che sta accadendo. L’unico modo di sapere cosa succede sul treno, infatti, è quello di osservare e dunque usare la luce. È necessario un determinato tempo affinché la luce arrivi sino all’osservatore. Più il treno è distante dall’osservatore, più tempo ci vorrà affinché questo segnale arrivi. Man mano che il treno si allontana, ci vuole più tempo. Il fenomeno che inizialmente era periodico e che vedevamo accadere ogni secondo, lo vediamo adesso accadere a distanze che sono maggiori di un secondo, perché c’è in mezzo il tempo che la luce ci mette per arrivare fino a noi. La condizione del treno che si sta muovendo in un’unica determinata direzione aggiunge la sua velocità al tempo che la luce impiega per portarci l’informazione di ciò che succede sul treno. È proprio questo rapporto, tra la velocità del treno e la velocità della luce, ad influire sulla dilatazione dei tempi di ciò che avviene sul treno che si sta muovendo allontanandosi rispetto all’osservatore che resta fermo. Se confrontiamo l’orologio di colui che sta fermo con quello di colui che è in movimento continuando a confrontare gli orologi, osserveremo che quello di colui che si muove sul treno starà andando più lentamente. È questo il caso in cui si parla di dilatazione dei tempi.