Premessa
La psicopatologia, per usare il termine medico del settore scientifico al cui interno è stata studiata (Foulkes, S. H., 1963), descrivibile anche come “sofferenza mentale”, trova una sua “spiegazione” possibile (certo non l’unica) e allo stesso tempo una sua possibile “cura” (non l’unica anche questa), nelle relazioni che gli esseri umani hanno con i propri simili: questa è la cura psicoterapeutica scoperta sul finire del diciannovesimo secolo da Freud, che seppe portare a maturazione quanto già era in nuce nella psichiatria dinamica, in cui il mesmerismo, l’ipnosi, la suggestione avevano indicato, in modo ancora nebuloso, che un essere umano è in grado di influenzare un altro essere umano (Ellemberger, H.F., 1970) e provocarne un cambiamento che può lenire la sofferenza o far scomparire i sintomi.
Il lavoro di Freud con le pazienti isteriche ha messo in evidenza che le antiche relazioni in cui un bambino è coinvolto, si ripresentavano nella mente del soggetto, facendolo ammalare. Il momento evolutivo in cui ciò avveniva, in cui si realizzava questo ritorno del passato era proprio l’adolescenza, periodo in cui quelle antiche esperienze venivano a scontrarsi con le nuove strutture psichiche, che nel frattempo avevano formato la personalità dell’individuo. La teoria del trauma sessuale infantile, mette in luce l’ipotesi secondo la cui è proprio nell’adolescenza che il soggetto si sente costretto a dover coniugare il bambino “perverso poliformo” di allora, con il giovane o la giovane timorata di adesso. L’impossibilità nell’adeguare il passato con il presente, genera la sofferenza mentale, i sintomi. Come sappiamo, la teoria freudiana, si fonderà sull’ipotesi di un’articolazione evolutiva della psiche in tre istanze: Es, Io e Super-Io. Di queste istanze quella che gioca un ruolo cruciale nella psicogenesi della psicopatologia è il Super-Io.
La psiche si forma mediante l’apprendimento esplicito e implicito delle “regole” (Reiss, D., 1989) che l’individuo dovrà riconoscere e far proprie per poter far parte del proprio gruppo di appartenenza, familiare prima e sociale poi. Nell’opera freudiana è sempre ben messo in evidenza che lo sviluppo della mente umana si articola attraverso l’intreccio del bagaglio biologico, frutto della storia filogenetica, con le esperienze relazionali dell’individuo nel proprio gruppo umano d’appartenenza (Freud, S., 1912-3, 1921, 1929).
Soggetto ed istituzione
Il Super-Io nella teoria psicoanalitica è una funzione che si fa struttura: un vero e proprio organo psichico o istituzione mentale, a cui è demandata la “sopraintendenza” dei rapporti tra il soggetto ed i propri simili. I “valori” del gruppo umano d’appartenenza, maturati nel microgruppo familiare, strutturano l’umanizzazione del soggetto attraverso la costruzione di uno strumento sensibile di rilevazione dell’adeguatezza (o inadeguatezza) del soggetto a tali “valori” (Schore, A.N., 1994). Questo dispositivo è l’istanza dell’Ideale del’Io ed il Super-Io. Il termine “valore” può essere inteso sia come costrutto che si riferisce ad un bagaglio biologico (Edelman, G., M., 1989), sia in riferimento alla dimensione esperenziale (Schore, A., N., 1994). Se la rilevazione è in linea con i “valori” che hanno “tarato” la propria istanza superegoica, il soggetto percepisce un senso di benessere (Ibidem), di adeguatezza e dunque di inclusione all’interno della rete relazionale di appartenenza (Bowlby J., 1988; Liotti, G., 2001), e ciò genera il senso di coesione e di stabilità. L’inverso genera senso d’inadeguatezza ed incapacità, attiva uno stato emozionale di paura, filogeneticamente connesso al terrore di rimanere escluso dalla trama relazionale dei propri consimili.
Comprendere il formarsi dell’Ideale dell’Io e Super-Io, basilari per la formazione dell’interfaccia tra il soggetto ed il gruppo d’appartenenza, è centrale ai fini del lavoro psicoterapeutico, in particolar modo nel caso di un breakdown evolutivo in adolescenza che spesso apre la strada a quadri psicopatologici molto gravi quali psicosi, disturbi dell’umore, funzionamenti borderline. Attualmente sono due le modalità che concorrono alla strutturazione delle due istanze: il social referencing e l’apprendimento per osservazione.
Social referencing: orgoglio e vergogna
Il social referencing (Stern, D. N., 1985; Schore, A.N., 1994) rappresenta una funzione diadica che emerge tra i dieci ed i tredici mesi, quando il bambino inizia ad esplorare l’ambiente circostante: il collegamento con l’adulto di riferimento è mantenuto attraverso lo sguardo. Questo dispositivo è fondamentale nella regolazione degli stati emozionali del bambino da parte del genitore, attraverso di esso avviene la trasmissione di quei “valori” relativi all’interpretazione emozionale dei vari contesti con cui il figlio è in interazione, soprattutto quelli relazionali, che configureranno le strutture di orientamento valutativo del muoversi del soggetto nel mondo. Nell’esperienza del social referencing incontriamo l’esperienza dello sguardo dell’adulto significativo (generalmente la madre) che da un lato può sostenere il raggiungimento di uno scopo condiviso e dall’altro depotenziare il dirigersi verso una meta non condivisa. Da qui deriverebbero, secondo quest’ipotesi, i primi segnali di sentimenti d’orgoglio, quando il soggetto raggiunge, ovvero fa collimare la propria azione con i “valori” attesi, ed all’inverso osserveremo un atteggiamento di vergogna, quando vi è la constatazione che tale avvicinamento non è avvenuto. Lo sguardo dell’adulto di riferimento, che restituisce al bambino una valutazione della sua azione, è un’esperienza che si stratifica nella memoria non verbale, sia implicita che procedurale (Solms, M. & Turnbull, O., 2002), ed è incorporata nel sistema d’autovalutazione, che viene da allora in poi percepito dal soggetto come sguardo interno, di fronte a cui inorgoglirsi od arrossire. L’orgoglio e la vergogna diventano così, le emozioni che indicano non solo il raggiungimento o meno di determinati “valori” depositati all’interno del soggetto, ma la vergogna, per esempio, ha la funzione di far sospendere l’azione che è agita.
Attraverso il social referencing, sono trasmessi, all’interno della diade madre-bambino, non soltanto i “valori” connessi al contesto ambientale ma anche l’interpretazione dell’emozione dell’adulto di riferimento collegata alla valutazione del raggiungimento o meno della meta. Alcuni autori sostengono che proprio nel periodo in cui si manifesta il social referencing, il bambino inizia a mostrare la capacità di provare angoscia alla vista dell’angoscia dell’altro (Schore, D.N., 1994). Questo da una parte getta le basi per l’empatia e per il comportamento prosociale e morale del giovane soggetto (Giacolini, T & Carratelli, T.J., 2002) e dall’altra favorisce lo strutturarsi di quelle emozioni autovalutative grazie alle quali è possibile l’attuarsi dell’autoregolazione.
La componente “imitativa”, evidenziata nella dinamica dell’apprendimento emozionale attraverso il social referencing, rimanda all’altra basilare modalità di apprendimento, quello per osservazione, che è attivo praticamente fin dalla nascita, come testimoniano le ricerche dell’Infant Research (Lichtenberg, J.D., 1983) che hanno mostrato come il bambino di pochi giorni possieda capacità imitatitive relative alle espressioni facciali del caregiver. Illuminanti a tal riguardo sono le scoperte circa i neuroni a specchio (Rizzolatti, G, Fadiga, L., Fogassi, L., & Gallese, V., 1999), che hanno evidenziato come nel cervello dei primati e dell’uomo siano presenti i “mirror neurons” che si attivano in concomitanza con il compimento di una azione o alla vista della sua esecuzione da parte di un conspecifoco, ed è stato peratnto dimostrato che nel cervello è presente una predisposizione all’imitazione, che costituisce un formidabile veicolo di apprendimento.
Da Freud a Bowlby ed oltre
Freud, con la sua teoria pulsionale, ha messo in evidenza che nell’adolescenza, oltre alla questione sessuale, è in gioco anche e soprattutto la questione dell’Ideale dell’Io e del Super Io, al cui centro s’installa il problema dell’aggressività.
Con lo sviluppo di una linea di ricerca che tiene conto anche degli sviluppi delle scienze del ventesimo secolo, soprattutto quelle cognitive ed etologiche, J. Bowlby ha apportato all’epistemologia psicoanalitica, la teorizzazione dei sistemi motivazionali (Bowlby, J., 1988), anelli di congiunzione tra il biologico ed il mentale. In questo modo Bowlby ha sostituito le due pulsioni di Freud con una nuova articolazione fondata sui sistemi motivazionali regolatori della vita di relazione (Liotti, G., 2001) collocati nell’ambito degli studi etologici ed evoluzionistici che, questi ultimi, dimostrano essere condivisi dai mammiferi e dai primati in particolare.
Tali sistemi motivazionali sono:
- l’attaccamento-accudimento,
- la sessualità,
- l’agonistico,
- il cooperativo
I primi tre sono presenti nel mondo dei mammiferi, l’ultimo invece è presente nei primati, ma fondamentalmente nell’uomo. Il sistema motivazionale sessuale è stato particolarmente studiato dalla psicoanalisi, quello dell’attaccamento dalla scuola di Bowlby, il sistema agonistico è al centro della attenzione della psicologia e psichiatria evoluzionistiche.
Il sistema motivazionale è concepito dagli evoluzionisti come l’organizzatore della gerarchia, del rango che struttura i gruppi di mammiferi, specie umana inclusa; esso ha la funzione di regolare l’accesso alle risorse del gruppo e di conseguenza la vita di relazione ed è caratterizzato da specifiche emozioni, quelle connesse al raggiungimento della meta sono emozioni quali: trionfo, orgoglio, collera da sfida; quelle connesse alle difficoltà di conseguire la meta sono: paura da giudizio, umiliazione, tristezza da sconfitta, invidia, vergogna.
Tale sistema motivazionale sembra contenere in sé buona parte di quella costellazione emozionale, che la teoria psicoanalitica ha catalogato sotto la “pulsione aggressiva”; ora, il sistema motivazionale agonistico, risulta connesso all’entrata del soggetto nel mondo adulto in quanto: principio organizzatore tra la mente soggettiva ed il gruppo d’appartenenza. E, avvicinandoci al focus tematico di questo lavoro, mettiamo in evidenza come questo sistema motivazionale sia modulato da momenti istituzionali, quali ad esempio, i riti di passaggio presenti in ogni cultura mediante i quali, gli adulti, per dir così, ingaggiano il giovane adolescente, attraverso un agonismo ritualizzato, che non giunge mai all’eliminazione dell’avversario e riconfermando in questo modo, la sua funzione organizzatrice. La scuola, per esempio, è uno dei principali riti di passaggio che attualmente ingaggiano il giovane adolescente nella nostra società, in cui la verifica delle competenze acquisite, è un forte attivatore del sistema agonistico e con esso delle relative costellazioni emozionali (Dellarosa-Cummins, D., 1998). La “maturazione” corporea in questa fase s’intreccia con i cambiamenti di significato che i vari contesti ambientali assumono, formando lo spazio psicologico del giovane soggetto (Lewin, K., 1935). La scuola in particolare diviene contesto propulsore della dinamica dominanza-sottomissione ed inoltre è noto che nei breakdown evolutivi assistiamo alla comparsa di una paura terrificante del giudizio tale da limitare notevolmente il soggetto nelle sue prestazioni intellettuali in aggiunta spesso abbiamo quel senso di vergogna che fa sentire il soggetto inadeguato e privo di risorse verso le prove che è chiamato a sostenere.
Bibliografia
Bowlby J. (1988). A secure base. London: Routledge (tr. it. Una base sicura. Milano: Cortina, 1989).
Dellarosa-Cummins, D. (1998). Social Norms and Other Minds. In Dellarosa-Cummins, D., & Allen, C., The Evolution of Mind. Oxford: Oxford University Press.
Edelman, G., M. (1989). The remebered present. New York: Basic Books (tr. it., Il presente ricordato: una teoria biologica della coscienza. Milano: Rizzoli , 1991).
Ellemberger, H.F. (1970). The Discovery of the Unconscious. New York: Basic Books, (tr. it. La scoperta dell’inconscio. Torino: Boringhieri, 1986)
Foulkes, S. H. (1964). Therapeutic Group Analysis. London: George Allen and Unwin (tr. it. Analisi terapeutica di gruppo. Torino: Boringhieri, 1967)
Giacolini, T & Carratelli, T.J. (2002). La soggettività nel lavoro con le psicopatologie gravi in adolescenza. In: La psicoterapia in parallelo, Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Roma: Borla, vol. 60: 629-640.
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Lichtenberg, J.D. (1983). Psychoanalysis and Infant Research. Hillsdale, NJ: The Analytic Press.
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Rizzolatti, G, Fadiga, L., Fogassi, L., & Gallese, V. (1999). Resonance behaviors and mirror neurons. Archives of Italian Biology, 137, 85-100.
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Stern D. (1985). Il mondo interpersonale del bambino. Torino: Boringhieri, 1987.