L’obiettivo della CBT può essere sintetizzato in tre passaggi: identificazione dei pensieri automatici e degli schemi sottostanti, presa di distanza critica da essi e la valutazione di possibili alternative.
La terapia cognitiva standard, così come è definita dalla scuola di Beck[1], si fonda su cinque capisaldi:
- l’uomo è attivamente coinvolto nella costruzione della propria realtà ma, a differenza del costruttivismo, la terapia cognitiva standard ritiene che alcuni assunti alla base di questa costruzione siano disadattativi e disfunzionali e per questo vanno attivamente corretti; da questo punto di vista è evidente la differenza con l’approccio costruttivista che, fondato sull’idea di realtà molteplici, risulterebbe secondo la prospettiva della TCS, meno diretto e più riflessivo conseguente allungamento dei tempi della terapia;
- i contenuti, processi e le strutture cognitive agiscono sulle emozioni e il comportamento dell’uomo. Ciò non implica una causalità lineare cognizioni versus emozioni ma una causalità reciproca anche se ogni risposta comportamentale o emotiva è mediata da un processo cognitivo;
- dei processi cognitivi è possibile essere consapevoli, anche se ci sono diversi livelli accessibilità, alcuni dei quali richiedono maggiore impegno, autoosservazione o attenzione; resta il fatto che i pensieri automatici alla base delle emozioni e dei comportamenti sono in linea di principio accessibili al soggetto;
- Il cambiamento cognitivo è fondamentale per l’attenuazione della sofferenza psichica;
- La TCS agisce sul presente, e, pur riconoscendo l’importanza che gli eventi passati hanno sulla formazione degli schemi disadattativi, l’intervento terapeutico si focalizza sul contesto attuale di vita del paziente.
Beck sosteneva l’importanza del concetto di “formulazione” in base al quale il terapeuta doveva organizzare le informazioni acquisite sul paziente per far luce sui fattori psicologici coinvolti nello sviluppo e nel mantenimento della sofferenza emotiva. Tale formulazione è possibile grazie all’elaborazione di differenti tipi e livelli di cognizione. In particolare, il concetto di “schema”[2] è un agglomerato generale di significati formato da credenze di base e assunzioni più specifiche, le prime sono convinzioni incondizionate su di sé, gli altri e sul mondo in genere, le seconde sono credenze condizionate che generalmente assumono la forma del “se-allora” o delle cosiddette “regole di vita”. Per esempio, uno schema potrebbe essere “fallimento”, che si riferisce alla credenza di base di “sono incapace di riuscire” che comporta come assunzione “se ci provo, fallirò, è inutile provarci”.
Il nucleo dei pensieri disfunzionali alla base delle credenze di base può essere raggruppato in tre credenze fondamentali: 1) credenze di incapacità (es. “non sono capace”, “sono fragile”); 2) credenze di non meritare l’amore degli altri (es. “nessuno mi vuole”, “sono sbagliato”); 3) credenze di inutilità (es. “non valgo niente”, “sono inutile”).[3]
Alle credenze di base Beck aggiunge il concetto di credenze intermedie[4] più profonde rispetto ai pensieri automatici, meno radicali delle credenze di base. Sono convinzioni che assumono la forma di regole e assunzioni: affermazioni di dovere (vedi capitolo su Ellis), oppure assunzioni espresse nella modalità se-allora (“se qualcuno dei presenti sbadiglia, io sono una persona noiosa”), attitudini (“sarebbe terribile se fallissi il compito”, vedi terribilizzazione di Ellis), valore (“se ho un corpo magro e bello allora sono una persona che avrà successo”), ideali molto elevati (“è insopportabile prendere un voto inferiore al 30 e lode”).
I terapeuti della CBT (terapia cognitiva standard) strutturano le sedute coinvolgendo i pazienti col fine di definire un appropriato percorso di “problem-solving” per supportarli nel loro approccio ai problemi quotidiani. La seduta è sempre orientata alla risoluzione di un problema e quindi è strutturata in modo tale da distribuire il tempo in modo opportuno ed efficace per questo obiettivo.
La seduta della CBT si struttura generalmente in questi passaggi: breve valutazione dell’umore, collegamento con la seduta precedente, definizione dell’ordine del giorno, revisione degli esercizi comportamentali svolti, discussione dei punti all’ordine del giorno, definizione di novi esercizi comportamentali, riepilogo e feedback.[5]
La ristrutturazione cognitiva rappresenta la strategia fondamentale attraverso la quale la CBT agisce sulle cosiddette cognizioni errate che, attraverso di essa, possono essere identificate, valutate e laddove è opportuno, modificate.
Così come abbiamo visto nel capitolo su Ellis, anche qui, nel modello di Beck, si tratta di identificare i pensieri automatici negativi alla base della sofferenza emotiva (“Che cosa le passava per la mente in questo/quel momento?”). Una volta identificato il pensiero automatico negativo si procede con delle “domande socratiche” che favoriscono la “scoperta guidata”, cioè, il paziente può valutare i propri pensieri guidato dalle domande del terapeuta.[6]
Il pensieri automatici sono l’effetto di errori di pensiero chiamati “distorsioni cognitive” che sono state dettagliatamente esaminate da Beck[7]. Alcuni esempi sono: il pensiero dicotomico, ossia la tendenza a dividere il mondo in bianco o nero, la catastrofizzazione (simile alla terribilizzazione di Ellis), ovvero la visione negativa del futuro come se questa fosse vera a priori, l’ipergeneralizzazione, ossia la tendenza a generalizzare una singola esperienza negativa, la tendenza a sminuire il positivo e così via.
La tecnica proposta da Beck è quella di formulare delle domande in grado di favorire la valutazione critica dei pensieri automatici avendo come orizzonte quello di rendere il paziente sempre più responsabile e capace di porsi autonomamente queste domande e rispondersi. Beck definisce sei categorie fondamentali di domande di valutazione:
- le analisi di evidenze che dovrebbero sollecitare nel paziente l’esame delle informazioni salienti per comprendere la situazione attivante il problema (“Quali sono le evidenze a sostegno del suo pensiero”, “Quali evidenze sono in contrasto con il suo pensiero”),
- l’esame delle alternative che dovrebbe sollecitare nel paziente una riflessione che possa basarsi anche su altre spiegazioni, più equilibrate (“Quali altri fattori sono in gioco in questa situazione”, in questo caso si aggiunge la considerazione che il pensiero automatico spesso assume la forma di una attribuzione, cioè si attribuisce la causa dei propri problemi a un unico fattore dimenticandosi che spesso sono in gioco più fattori. Quindi, una forma derivata di spiegazione alternativa è il cosiddetto processo di riattribuzione che consentirebbe al paziente di individuare e attribuire un nuovo peso ai vari fattori, per esempio usando il grafico a torta sul quale poter mettere le varie fette che indicano spiegazioni alternative possibili alla situazione di disagio[8],
- la decatastrofizzazione consiste invece nel sostenere il paziente nel prendere atto dell’improbabilità del verificarsi di ciò che viene ipotizzato accadere (“Quale può essere l’esito peggiore, migliore e il più probabile”),
- la valutazione dell’impatto (costi/benefici) invece consente al paziente di considerare l’impatto che ha nella sua vita il credere ai pensieri automatici negativi (“Quale è l’effetto del credere nei suoi pensieri automatici”),
- il distanziamento invece consentirebbe al paziente di poter valutare i propri pensieri distanziandosi emotivamente da essi, immaginando per esempio che il problema o la situazione riguardasse un amico al quale dovrebbe dare il suo parere (“Cosa direbbe ad un suo amico che si trovasse nella sua stessa situazione o che pensasse le stesse cose?”),
- il problem solving invece sostiene il paziente a far fronte ad una situazione problematica che attiva i suoi pensieri negativi (“Cosa si potrebbe fare in una situazione del genere?”).
Anche se il processo di valutazione procedesse per il meglio, può capitare che il paziente si limiti solo alle conclusioni teoriche del processo in presenza del terapeuta senza apportare nessun cambiamento nella vita quotidiana. In questi casi si procede con l’esperimento comportamentale che rientra di fatto a pieno titolo nella tecnica della ristrutturazione cognitiva basata sull’esperienza: il paziente è invitato a verificare la correttezza e l’utilità dei pensieri automatici nel proprio contesto di vita.
La messa in discussione dei pensieri automatici ha come obiettivo quello di elicitare risposte più equilibrate (adattive, alternative), risposte cioè basate sui fatti, quindi basate sia sugli aspetti negativi sia su quelli positivi di una data situazione.
Le risposte adattive sono in grado cogliere la complessità delle varie situazione.
I pensieri automatici non sono casuali, ma sono influenzati da credenze di base per scovare le quali viene usata la tecnica della freccia discendente[9] che consiste nel ridurre a un punto non ulteriormente riducibile, un significato essenziale alla base del pensiero automatico (es. “Non valgo nulla”).
Judith Beck[10] formulò i diversi livelli di cognizione collegati l’un l’altro in questo modo:
- Schema che genera una “sensazione” generale percepita come se fosse causata dalla situazione, dai sensi e dalle “sensazioni viscerali”;
- Credenze di base: forniscono i contenuti degli schemi, spesso in termini dicotomici (“bianco o nero”, buono o cattivo) e orientano il soggetto verso sé, gli altri, il mondo e il futuro;
- Assunzioni: la natura incondizionata delle credenze di base le rende difficilmente falsificabili (“se sono sbagliato, perché dovrei continuare a provarci?”), le assunzioni cercano di compensarle facendo sì che valga la pena almeno provarci: per esempio: “Sono sbagliato, fallirò ma se trovo una persona a cui piaccio, sarò apprezzato”, questo è un esempio di credenza condizionata. Questa nuova regola porta in sé il rischio di incontrare qualcuno a cui non si piace e di conseguenza ci si definirà strutturalmente “non apprezzati”;
Pensieri negativi: gli schemi e le credenze sono “i capi tribù” della cognizione, i pensieri automatici negativi sono gli “indiani” pronti ad eseguire i loro compiti negativi in ogni momento del giorno e della notte e qualsiasi tempo faccia.
[1] D. A. Clark, Percived Limitations of Standard Cognitive Therapy: A consideration of Efforts to revise Beck’s Theory and Therapy, in «Journal of Cognitive Psychotherapy», Colby, K.M. e Stoller, R.J. 1995, 9, 3, pp. 153-72.
[2] A. T. Beck, Thinking and depression. Part II: Theory and therapy, Archives of Generai Psychiatry, 1964, 10: 561-571.
[3] J. S. Beck, Cognitive behavior therapy: Basics and beyond (2nd ed.), New York, Guilford Press, 2011.
[4] Ibidem.
[5] Cfr. A. Wenzel, Strategic Decision Making in Cognitive Behavioral Therapy, ABPP, American Psychological Association (APA), 2013.
[6] Ibidem.
[7] J. S. Beck, Cognitive behavior therapy: Basics and beyond (2nd ed.), New York, Guilford Press, 2011.
[8] D. Dobson, K. S. Dobson, Evidence-based practice of cognitive-behavioral therapy, New York, Guilford Press, 2009.
[9] A. T. Beck, A. J. Rush, B. F. Shaw, G. Emery, Cognitive therapy of depression. New York, , Guilford Press, 1979.
[10] J. S. Beck, Cognitive therapy: Basics and beyond, New York, Guilford, 1995.