Irrational beliefs- Rational emotive behavior therapy (REBT) [4]

Pretese

Con la parola “pretese” si traduce la parola demands che indica un imperativo, un comando: “devo”, “devi”, “bisogna”, “è necessario” che per Ellis sono aspettative irrealistiche e assolute sul mondo.

È molto importante distinguere le pretese dal desiderio. Il “razionalismo terapeutico” di Ellis non si occupa in modo particolarmente approfondito del desiderio che non è né razionale, né irrazionale. Il desiderio è ciò che è. L’approccio terapeutico della REBT non si occupa di modificare il desiderio di una persona, essa “non considera i desiderio come qualcosa di patologico”[1], tuttavia, “Quando pretendiamo, tuttavia, che i nostri desideri diventino realtà, allora nascono i problemi”[2].

Terribilizzazione

Con il termine awfulzing, terribilizzazione o catastrophizing, catastrofizzazione, in ambito REBT si intende una certa forma di pensiero che si caratterizza per valutazioni eccessivamente negative di un aspetto della vita in generale, di noi stessi o degli altri. Questo stile di pensiero si sostanzia in previsioni esageratamente negative sulle conseguenze di una data situazione, scollegate dalla realtà condivisibile dei fatti e senza che si riesca a dare un volto a ciò che causerebbe il terrore. Ovviamente non si tratta di sminuire l’importanza che quel vissuto di terrore ha per il soggetto e, inoltre, ci sono situazioni in cui il terrore è giustificato dalla gravità della situazione. È opportuno secondo la REBT tenere conto di quando la terribilizzazione sia giustificata. Con i soggetti traumatizzati da eventi oggettivamente gravi non è opportuno disputare, secondo la REBT, sull’irrazionalità della credenza ma sull’intolleranza alla frustrazione (“Non sarò in grado di sopportare di dover convivere con questo trauma e con le conseguenze che questo comporta”) o le pretese sull’evento traumatico (“Non doveva accadermi un fatto del genere”).

L’intolleranza alla frustrazione

Forse questo concetto è il più rappresentativo della REBT. Per Ellis la tendenza a monitorare il livello di frustrazione e sofferenza è finalizzata a comprendere quanto si è disposti a sopportarle.[3] Valutiamo cioè costantemente la nostra capacità di affrontare ciò che ci fa soffrire. Un soggetto ansioso per Ellis associa pensieri irrazionali ad una determinata condizione di sofferenza in base alle quali si convince di non esser in grado di sopportare quel disagio ritenuto insuperabile, per esempio, “Settimana prossima avrò troppi impegni e non sarò in grado di sopportare tutto quello stress, è troppo per me”. Lo stress è esattamente la percezione di non sentirsi capaci di sopportare qualcosa che l’effettiva difficoltà di sopportarla.

Ellis si rifà a diversi autori che hanno evidenziato come le patologie siano l’effetto di una difficoltà di sopportare e accettare il dolore e gli eventi negativi[4]. Harrington parla di quattro tipi di intolleranza alla frustrazione: alle emozioni, alle ingiustizie, ai disagi agli insuccessi[5]. Gli Allievi di Ellis[6] hanno insistito tanto sul superamento del concetto di “bassa tolleranza della frustrazione” a favore di “intolleranza alla frustrazione”. Infatti, sottolineare ad un paziente gravemente traumatizzato o malato che ha una bassa tolleranza alle frustrazioni ha sicuramente degli effetti negativi sulla sua capacità di tollerare la sua difficile condizione[7].

Il concetto di intolleranza alla frustrazione sarà ripreso dalla Dialectical Behavior Therapy, DBT[8] dove si avanza l’ipotesi che alla base del disturbo di personalità borderline ci sia un tentativo di contenere proprio l’intolleranza alle emozioni negative, mentre l’Acceptance and commitment therapy[9] considera la sofferenza psicologica come un effetto dell’evitamento dell’esperienza interna del pensiero e delle emozioni.

La svalutazione globale del proprio e altrui valore

La valutazione globale negativa del valore delle persone è per Ellis[10] causa di rabbia verso sé stessi o gli altri e può sfociare in depressione, senso di colpa e disprezzo per sé e gli altri. Il principio alla base è quello di accettare in maniera incondizionata gli altri e sé stessi e, semmai, giudicare le proprie e le altrui azioni, non la persona nella sua globalità. Spesso alla autoefficacia, ovvero alle credenze in base alle quali valutiamo la capacità di svolgere un certo compito si aggiunge anche la tendenza a valutare globalmente la persona e, i due concetti, rischiano di confondersi, fino al punto estremo di valutare il proprio e l’altrui valore a partire dall’autoefficacia o dalla efficacia dell’altro.

Legare il proprio valore alla propria efficacia significa sentirsi di valere, di essere persona di valore, quando si è o ci si sente efficaci. Questo comporta spesso preoccupazione per il fatto di dover continuare a fare bene per poter continuare a essere persone di valore e, quando non succede, può emergere uno stato depressivo. Questo può tradursi nel continuo bisogno di conferme positive basate sulla prestazione, per poter avere un buon giudizio di sé stessi. Accettazione incondizionata delle persone, riconoscimento dei limiti e rinuncia a giudizi globali, siano essi positivi che negativi sono i principi alla base della REBT, principi che puntano a scardinare la tendenza ad essere inflessibili sui propri limiti e insuccessi, tendenza che rischia di scardinare l’intera persona tenendo conto di alcuni aspetti specifici.


[1] AA. VV., Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale, Milano, Raffaelo Cortina, 2014, p. 55.

[2] Ibidem.

[3] A. Ellis, Discomfort anxiety: A new cognitive-behavioral constructi (Part I), in Journal of Rational- Emotive & Cognitive Behavior Therapy, 21(3-4), pp. 183-191, 2003a; A. Ellis, Discomfort anxiety: A new cognitive-behavioral construct (Part II), in Journal of Rational-Emotive & Cognitive Behavior Therapy, 21(3-4), 2003b, pp. 193-202.

[4] V. Raimy, Misunderstandings of the Self: Cognitive Psychotherapy and the Misconcepition Hypothesis, San Francisco, Jossey-Bass, 1975; N. Harrington, Dimensions of frutration intolerance and their relationship to sel-control problem, in Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy, 23(1), 2005, pp. 1-22; N. Harrington, Frustration intolerance beliefs: Their relationship with depression, anxiety, and anger, in a clinical population, in Cognitive Therapy and Research, 2006, 30, pp. 699-709, 23(1), pp. 1-22.; N. Harrington, Frustration and discomfort intolerance: Introduction to the special issue, in Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy, 2011, 29, pp. 1-3.; N. Harrington, Frustration Intolerance: Therapy issues and strategies, in Journal of Rational-Emotive and Cognitive-Behavior Therapy, 2011 29, p. 16; A. Amsel, Arousal, suppresson, and persistence: Frutration theory, attention, and its disorders, in Cognitive and Emotion, 1990, 4, pp. 239-268.

[5] N. Harrington, Dimensions of frutration intolerance and their relationship to sel-control problem, in Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy, 2005, 23(1), pp. 1-22.

[6] Cfr. AA. VV., Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale, Milano, Raffaelo Cortina, 2014.

[7] E. M. Mura, R. A. Di Giuseppe, (2000), Rape trauma, in F. M. Dattilio, A. Freeman, (a cura di), Cognitive Behavioral Strategies in Crisis Intervention, New York, Guilford, pp. 150.165.

[8] M. Liehan, (1993), Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline, Milano, Raffaello Cortina, 2001.

[9] S. C. Hayes, K. Strosahl, K. G. Wilson, (1999), ACT: Teoria e pratica dell’Acceptance and Commitment Therapy, Milano, Raffaello Cortina, 2013.

[10] A. Ellis, Reason and Emotion in Psychotherapy: A Comprehensive Method of Treating Human Disturbance, 2a ed. rivista e ampliata, New York, Birch Lane Press, 1994; A. Ellis, C. MacLauren, Rational Emotive Behavior Therapy: A Clinician’s Guide, San Luis Obispo, Impact Publishers, 2005.