A differenza di Abraham, che interpreta il fenomeno del lutto in relazione con gli stadi oggettuali, Freud, riconduce il lutto al padre, ossia lo ricollega al tema dell’identificazione primordiale con il padre, al tema del mito di Totem e tabù.
Lacan sottolinea con forza (ovviamente e soprattutto in una certa fase del suo pensiero) il primato del simbolico sull’immaginario e sappiamo, che, la funzione di simbolizzazione, è riconducibile strutturalmente proprio alla funzione paterna, ovvero all’incisione del linguaggio sul vivente. Il lutto (e i fenomeni depressivi che lo accompagnano), rappresenta un punto di debolezza nella simbolizzazione dell’ideale dell’Io, dell’I(A).
Non è sufficiente che il padre sia morto, è necessario che la sua tomba sia vuota, cioè che il “godimento” del lutto, in quanto identificazione immaginaria con il caro defunto, sia esaurito. Ciò è necessario per fare posto all’identificazione pura, per fare posto al tratto unario. Il posto del padre rende possibile il desiderio al di là del godimento materno. È un posto vuoto che in quanto mancanza è apertura verso la realizzazione del desiderio.
Il lutto, a partire dallo “sbriciolamento” dei tratti dell’oggetto perduto, consente di far sorgere il posto della mancanza e di simbolizzarlo. Con il Seminario X, con la messa in discussione della funzione del Nome-del-Padre, il padre, diventa anche esso un sembiante, un intreccio di immaginario e simbolico. Di esso è necessario sapersene servire per poterne fare a meno, ma non può più incarnare da solo la funzione di “capitonare” il soggetto contemporaneo, attraversato dalle continue sollecitazioni del godimento.
Se da un lato il lutto si presenta come una malattia dell’idealità, dal canto suo Lacan ci dice che esiste una versione del padre per ciascuno di noi: non c’è un vero e proprio universale paterno, un unico ideale per tutti. Nell’introduzione all’edizione francese del Seminario X, Miller dice che l’oggetto a non è nominabile e ciò significa che non è riducibile alla simbolizzazione. L’oggetto a vale, se così possiamo dire, come il fallimento del Nome-del-Padre, ossia di quell’operatore fondamentale della simbolizzazione.
Lacan, con Freud, inizialmente concepisce il lutto legato alla perdita dell’oggetto d’amore, del quale il padre costituiva una metafora nel registro simbolico, una perdita d’amore che acquista un valore prettamente significante. Successivamente, la teorizzazione dell’oggetto a, porta Lacan a riconsiderare il concetto di lutto: in esso non c’è una perdita del godimento, al contrario, ce n’è sempre troppo rispetto all’oggetto. Nel lutto c’è una perdita d’amore in grado di turbare il registro simbolico, il legame sempre precario tra $ ed a, l’equilibrio garantito dal legame significante/godimento viene scosso, viene turbato.