La pulsione è caratterizzata da una spinta energetica che mette in moto l’organismo orientandolo verso una meta.
La pulsione si origina, ovvero ha la sua fonte, da un eccitamento somatico, ovvero uno stato di tensione.
Tale spinta ha come obiettivo, come meta, quello di abolire la condizione somatica di tensione che ribolle nel luogo della fonte pulsionale.
Il termine Trieb viene da treiben, che significa, spingere, azionare, spingere all’azione, lo incontriamo nei testi freudiani a partire dal 1905, dai Tre saggi sulla teoria sessuale.
È una nozione energetica dove l’energia indica la possibilità che un corpo compi un lavoro, indipendentemente dal fatto che tale lavoro possa o non possa essere svolto.
La parola energia è composta da en, particella intensiva, ed ergon, capacità di agire.
Questa energia secondo Freud si articola nelle eccitazioni prodotte da stimoli esterni, ai quali per dir così ci si può sottrarre ed altri prodotti da fonti interne, che generano continuamente un flusso di eccitazioni al quale l’organismo non può sottrarsi. Tale flusso secondo Freud rappresenta l’elemento propulsore per i processi psichici, studiando la sessualità infantile egli scopre che la pulsione sessuale non ha né mete né un oggetto specifico.
Questo è un punto centrale nella teoria freudiana.
L’oggetto è cangiante, è accidentale e viene scelto a partire dalle contingenze personali, cioè dipende dalla irrepetibilità singolare che caratterizza la storia di ognuno di noi.
Le mete sono plurime, variegate e sono circoscritte dalle fonti somatiche che possono continuare ad avere la funzione di zona erogena, cioè dove in gioco sono le pulsioni parziali che integrandosi si strutturano (non è scontato) nella zona genitale.
La spinta di una pulsione per Freud è la sua componente motoria ovvero la «somma di forze o la misura delle operazioni richieste che essa rappresenta. Il carattere dell’esercitare una spinta è una proprietà generale delle pulsioni, è addirittura la loro essenza»[i].
Tale forza tiene sotto assedio il corpo dall’interno orientandolo verso determinate azioni finalizzate a scaricare l’eccitazione. Tuttavia la pulsione non è esclusivamente una forza che esercita i suoi effetti nel corpo, la pulsione è «uno dei concetti che stanno al limite tra lo psichico e il corporeo»[ii].
Essa è rappresentata da una delegazione inviata dal corpo nella psiche: la «rappresentanza».
La pulsione parziale spinge all’abolizione della tensione proveniente dalla fonte somatica e si intreccia con le rappresentanze che apparterranno alla singolare storia di ciascun individuo, è a partire da questa irripetibilità della singolarità umana che avremo tante diverse modalità di soddisfacimento, cioè l’indeterminatezza della spinta interna avrà un suo «destino» particolare.
La concezione freudiana delle pulsioni è sempre stata dualista, pulsioni sessuali versus pulsioni dell’io (o di autoconservazione).
Le pulsioni dell’io sono quei bisogni agganciati all’autoconservazione.[iii]
Tale dualismo si incontra già nelle prime fasi della sessualità, in particolare quando la pulsione sessuale si sgancia dalle funzioni di autoconservazione su cui prima si appoggiava prendendo così una sua propria autonomia.
L’io trova l’energia necessaria per difendersi dalla sessualità nella pulsione di autoconservazione. Secondo Freud questo tipo di pulsione è costituita dall’insieme di bisogni agganciati ai processi somatici.
Un esempio chiaro di pulsione di autoconservazione è la fame.
Già nei Tre saggi sulla teoria sessuale Freud parla di appoggio della sessualità sui processi somatici. «Da principio, il soddisfacimento della zona erogena era associato al soddisfacimento del bisogno di nutrizione»[iv].
Le pulsioni sessuali si possono appoggiare alle pulsioni di autoconservazione. Nell’isteria, per esempio, uno stesso organo può essere la parte del corpo che include i due tipi di attività pulsionale che se saranno in conflitto tra loro. Questo luogo potrà essere il luogo del sintomo.
Le pulsioni dell’io si soddisfano con un oggetto reale e passano con molta
rapidità dal principio di piacere a quello di realtà e, diventando di fatto
promotori della realtà, si oppongono alle pulsioni sessuali che invece trovano
la loro soddisfazione a livello fantasmatico, rimanendo sotto il dominio del
principio di piacere.[v]
[i] Freud S., Pulsioni e loro destini, OSF, vol. 8, p. 18.
[ii] Freud S., Tre saggi sulla teoria sessuale, op. cit., p. 479.
[iii] Nel 1910 Freud pone l’accento sul «[…] contrasto esistente fra le pulsioni che si pongono al servizio della sessualità, del conseguimento del piacere sessuale, e le altre che hanno per meta l’autoconservazione dell’individuo: le pulsioni dell’io.» Freud S., I disturbi visivi psicogeni nell’interpretazione psicoanalitica, OSF, vol. 6, p. 291-2.
[iv] Freud S., Tre saggi sulla teoria sessuale, op. cit., p. 492.
[v] Successivamente il dualismo pulsionale in Al di là del principio di piacere vedrà contrapposte le pulsioni di vita a quelle di morte. L’io qui prende la sua energia dall’Es in forma di energia sublimata, ovvero desessualizzata. Quindi, abbiamo due dualismi pulsionali. Inizialmente, pulsione sessuale versus pulsione di autoconservazione. E successivamente, pulsione sessuale versus pulsione di morte.