L’omuncolo

Fonte: Jacques Lacan, Il Seminario – Libro XI – I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi 1964, Enaudi, Torino, 2003, p. 137-138.

Nel cammino di inganno in cui il soggetto si avventura, l’anali­sta è in una posizione in cui può formulare – tu dici la verità, e la no­stra interpretazione ha senso sempre e solo in questa dimensione.

Vorrei indicarvi quali risorse ci offre questo schema per cogliere il modo di procedere fondamentale di Freud, a partire da cui io dato la possibilità della scoperta dell’inconscio – che, certo, è li da sempre, al tempo di Talete come pure a livello dei più primitivi modi di relazione interumana.

Riportiamo su tale schema l’io penso cartesiano. Sicuramente, la distinzione tra l’enunciazione e l’enunciato è ciò che ne costi­tuisce lo scivolamento sempre possibile e l’eventuale punto d’in­ciampo. In effetti, se qualcosa è istituito dal cogito, è proprio il re­gistro del pensiero, in quanto estratto da un’opposizione rispetto all’estensione – statuto fragile, ma statuto sufficiente nell’ordine della costituzione significante. Diciamo che il fatto di prendere il proprio posto a livello dell’enunciazione è ciò che dà la sua cer­tezza al cogito. Ma lo statuto dell’io penso è tanto ridotto, tanto minimo, tanto puntiforme – e potrebbe anche essere affetto da quella connotazione del ciò non vuoI dire niente – quanto quello dell’io mento di poc’anzi.

Forse l’io penso, ridotto a questa condizione puntiforme, ga­rantendosi solo dal dubbio assoluto concernente ogni significa­zione ivi compresa la sua, ha persino uno statuto ancora più fragile di quello in cui l’io mento ha potuto essere attaccato.

Di conseguenza, oserò qualificare l’io penso cartesiano nel suo sforzo di certezza, di una sorta di aborto. La differenza dello statuto, che la dimensione scoperta dell’inconscio freudiano dà al sog­getto, attiene al desiderio, che deve essere situato a livello del cogito. Tutto ciò che anima, tutto ciò di cui parla ogni enunciazione, è del desiderio. Vi faccio osservare di sfuggita che il desiderio,  così come io lo formulo, rispetto a ciò che Freud ci apporta, ne dice di più.

Affibbierò alla funzione del cogito cartesiano il termine di abor­to o di omuncolo. Essa è illustrata dalla ricaduta, che non ha man­cato di prodursi nella storia, di quello che si chiama il pensiero, che consiste nel prendere questo io del cogito per l’omuncolo che, da molto tempo, viene rappresentato ogni volta che si vuol fare della psicologia – ogni volta che si rende ragione dell’inanità o del­la discordanza psicologica attraverso la presenza, all’interno dell’uomo, del famoso ometto che lo governa, che è il conducente del carro, il punto cosiddetto, ai giorni nostri, di sintesi. Questo ometto è già stato denunciato nella sua funzione dal pensiero presocratico.

Al contrario, nel nostro proprio vocabolario, noi simbolizziamo con $ barrato il soggetto in quanto costituito come secondo rispetto al significante. Per illustrarlo, vi ricorderò che la cosa può pre­sentarsi nel modo più semplice nel tratto unario. Il primo signifi­cante è la tacca con cui viene segnato, per esempio, che il soggetto ha ucciso una bestia, e cosi non si ingarbuglierà nella memoria quando avrà ucciso altre dieci bestie. Non dovrà ricordarsi di quale è quale, ed è a partire da questo tratto unario che egli le conterà.

Sul tratto unario, il soggetto stesso si orienta. E in primo luogo esso si segna come tatuaggio, primo dei significanti. Quando questo significante, questo uno, è istituito – il conto è un uno. E a livello non dell’uno, ma dell’un uno, a livello del conto, che il soggetto deve collocarsi come tale. Già in questo, i due uno si distinguono. Così si segna la prima schisi che fa si che il soggetto in quanto tale si distingua dal segno rispetto al quale, in un primo tempo, egli ha potuto costituirsi come soggetto. Vi insegno, quindi, a guardarvi dal confondere la funzione dell’$ con l’immagine dell’oggetto a, in quanto è cosi che il soggetto, dal canto suo, si vede – raddoppiato. Si vede come costituito dall’immagine riflessa, I momentanea e precaria della padronanza, si immagina uomo per il solo fatto di immaginarsi. Nella pratica analitica, reperire il soggetto rispetto alla realtà, : cosi come la si suppone ci costituisca, e non rispetto al significante, significa cadere già nel degrado della costituzione psicologica del soggetto.