Nello sconvolgimento del godimento non si può fare una terapia. Il senso di colpa va elaborato, l’angoscia la si può solo accettare, gestire, può essere contenuta, ma non elaborata.
Un esempio è le crisi di panico, che è una crisi di angoscia. È importante distinguere subito lo statuto dell’angoscia che può essere nevrotica e quindi che prevede che il fantasma si scompensi, nel senso che l’oggetto piccola a sparisce e resta solo il soggetto barrato: angoscia.
Quando l’Altro se ne va, ci si trova sull’abisso. Togliendo l’ultimo velo resta la grande A, resta l’abisso. La questione dell’angoscia va trattata subito. Se oltre l’angoscia non c’è un oggetto che catalizza, allora bisogna stare attenti. È attraverso il discorso del paziente che dobbiamo capire quale sia il suo fantasma interno, se c’è. È necessario fare attenzione al discorso del paziente. Fin da subito oltre ai fini dettagli è necessario fare attenzione alle parole. È importante ascoltare le parole, capire da quale posizione vengono dette. Partendo dai fini dettagli è necessario porre attenzione alla posizione che noi riteniamo il paziente abbia. È importante anche l’atteggiamento che bisogna avere con il soggetto. La prima domanda è sempre “che cosa vuole il soggetto da me”. Che cosa vuole l’altro da me, come potrò arrangiarmi per rispondere. Se è articolato così è una domanda che presuppone un fantasma. Quando invece c’è l’Altro che da’ le risposte, che terrorizza, siamo in un altro discorso. È l’Altro che da’ gli ordini, degli imperativi di fronte ai quali il soggetto trova delle scappatoie.