Seminario VII: il principio del piacere vs godimento

L’etica che Lacan propone nel Seminario VII è ben altro che una dottrina morale-valoriale. L’etica della psicoanalisi è quella orientata da un continuo ascolto della dimensione del reale.

Freud ha dimostrato che la tendenza del genere umano è quella di ricercare il proprio male. Il male è per Lacan l’essenza del godimento. È la scandalosa scoperta che Freud fa in Al di là del principio di piacere: la legge della compulsione a ripetere (Wiederholungszwang). Il soggetto va al di là del principio di piacere ripetendo continuamente quelle esperienze che lo fanno soffrire. Il principio del piacere rappresenta per Freud la legge più elementare dell’apparato psichico: l’obiettivo del soggetto è il mantenimento della tensione esogena ad un livello più basso possibile, è l’evitamento del dispiacere e il procurarsi il piacere. Con Al di là del principio di piacere si rompe questa concezione edonistica dell’etica. Freud mette bene in evidenza che l’uomo ha una irresistibile attrazione verso un godimento innaturale, trasbordante, deleterio, costitutivamente masochistico (Il problema economico del masochismo). Egli infatti assegna alla pulsione di morte una funzione fondamentale: è il principio che, al di là del principio di piacere, costringe il soggetto alla ripetizione di un godimento pernicioso, innaturale avverso alla legge dell’omeostasi.

Lacan nella fase iniziale del suo insegnamento concepisce la pulsione di morte a partire dallo stadio dello specchio. L’aggressività dell’io nei confronti dell’altro evidenzia la natura autodistruttiva nel movimento che distrugge l’altro, ovvero, come espressione inconscia della tendenza a distruggere se stesso. Successivamente, siamo negli anni cinquanta, riprende la questione della pulsione di morte a partire dalla logica del significante. L’automatismo della ripetizione è il prodotto delle leggi della catena significante e non meramente l’effetto della spinta maligna della pulsione di morte. La ripetizione si de-pulsionalizza.

La ripetizione pulsionale (Tre saggi sulla teoria sessuale) ha aperto la strada alle concezioni stadiali, biologico-evolutivistiche della psicoanalisi e Lacan tenta di evitare che la dottrina psicoanalitica sia assorbita tout court nelle teorie istintuali di stampo meccanicistico: la ripetizione freudiana è per lui da ricondurre al registro del simbolico. In Funzione e campo infatti la ripetizione è una modalità di storicizzare il vissuto del soggetto. Per certi versi, Lacan fa corrispondere l’ordine simbolico all’al di là del principio: “il mondo del simbolo ha come fondamento il fenomeno dell’insistenza ripetitiva”[1].

Nel Seminario VII, la ripetizione acquista tutto un altro statuto: essa corrisponde a qualcosa dell’ordine simbolico.

Con l’idea di Cosa Lacan mostra che “non tutto è significante”. La Cosa esprime il reale del godimento, qualcosa che supera il carattere edonistico, utilitaristico del piacere. L’al di là del principio di piacere è radicalmente discontinuo rispetto all’ordine significante. Sarà il principio di piacere ad essere identificato da Lacan con l’ordine simbolico: se il piacere è regolato dal limite stabilito dalla Legge simbolica, il godimento si caratterizza per essere trasgressivo nei confronti di questo limite. Trasgressione inquietante che destabilizza intaccando il principio di piacere. Il principio di piacere essendo una manifestazione dell’ordine simbolico ripara il soggetto dall’incontro traumatico con la Cosa. Fa da barriera. Altrimenti, se questo argine si rompe, come accade nelle psicosi , il soggetto verrebbe divorato dalla Cosa. Nella schizofrenia, per esempio, il godimento pervade il corpo proprio perché questo risulta non localizzato dal significante. Per questo è auspicabile che la Cosa sia sempre tenuta alla giusta distanza, “velata” dal simbolico, perché altrimenti disintegrerebbe il soggetto.

Quindi abbiamo da un lato, l’inconscio interpretabile, strutturato a partire dalle leggi del linguaggio e dall’altro la pulsione che esprime il godimento che ostacola il discorso decifrabile che emerge dall’inconscio. La pulsione è mutacica, non dice niente, spinge solo al godimento. Nel Seminario VIIla pulsione va al di là dell’inconscio strutturato come un linguaggio permeato di significanti. La pulsione è indecifrabile. Essa spinge al soddisfacimento. È una spinta “acefala” al godimento senza l’Altro.



[1] Jacques Lacan, Il seminario, Libro VII. L’etica della psicoanalisi. 1959-1960, Torino, Einaudi, 2008, p. 266