Ingegnosa-mente (parte 4)

Abbiamo concluso il post di ieri con una citazione di P. Ziff: Dio esiste in quanto viene nominato, fuori della nominazione esiste solo il “silenzio”. Oggi riprendiamo il discorso di ieri con un’altra citazione, questa volte di Di Cesare, che ci ricorda come Dio abbia donato all’uomo la forza creatrice del linguaggio, << All’uomo, colui che parla, Dio ha affidato la sua forza creatrice infondendogli l’alito vitale della lingua (Gen. 2,7). Non  lo ha creato con la parola, non lo ha sottoposto alla lingua, ma ha lasciato che questo prezioso mezzo della sua  creazione sgorgasse in lui liberamente. Non nominato, l’uomo nomina a misura della propria conoscenza, nei limiti di questa >>[1].

Mentre il paradigma della convertibilità del vero in fatto, nel De Antiquissima, legava la conoscenza ancora ad una << sapienza riposta >>, e quindi tutte le indagini vichiane si muovevano verso l’individuazione delle etimologie, mediante le quali poter ( attraverso il principio della verità inteso sia come “accertamento” del vero che come “inveramento” del certo) << meditare intorno alle origini della lingua latina >> e quindi intorno alle << locuzioni filosofiche >>, nella Scienza nuova, l’indagine sarà rivolta verso il rischiarimento di una << sapienza poetica >>. Lo studio etimologico realizzato nel De Antiquissima, parte ancora da una concezione di base, secondo la quale la parola si riferisce alla cosa. La parola è altro dalla cosa ed è per questo che la verità della parola deve essere accertata. Ma come osserva  A. Martone, << La ricerca necessaria, tutta centrata nell’individuazione di una “sapienza poetica“ sgancerà la “verità della parola” da un riferimento alla cosa denotata; sicché questa “verità” acquisterà una più propria e interessante autonomia >>[2]. La finzione-creazione di cui parla Vico, nel De Antiquissima, si riferisce ancora alle << Verità delle scienze >>, le quali sono il frutto di una “raccolta” degli elementi delle cose. Infatti egli confronta la parola << legere >> con << intelligere >>, asserendo che, la prima si riferisce a colui che va << raccogliendo gli elementi della scrittura con i quali si compongono le parole [e] “intelligere” viene detto di chi va raccogliendo, di una cosa, tutti gli elementi atti a esprimere un’idea perfettissima >>[3]. Nella Scienza nuova, l’inventio troverà la sua realizzazione nella nominazione fantastica: le “creazioni” e le “creature” che costellano questo mondo poetico, nonostante la loro origine fantastica, sono (credute) vere, sono prese sul serio al punto da essere adorate, rispettate,  divenire cause di guerre e di pace. Una creazione di finzioni, le quali assumeranno sempre e comunque le sembianze di qualcosa di assolutamente vero.


[1] D. Di Cesare, Parola, logos, dabar: linguaggio e verità nella filosofia di Vico, cit., p.274.

[2] A. Martone, << Alle cose insensate dare senso e passione >>. Una discussione intorno al convegno “Vico in Italia e in Germania”, in “Studi Filosofici”, XVI, 1993, p. 140.

[3]G. B. Vico, Dell’antichissima , cit., p. 248.