Severino ci ricorda come il transito dal mito alla filosofia sia legata anche alla nascita della parola theoria, che originariamente significa “festa”. “La theoria è festa perché è la contemplazione della cerimonia salvifica” (Severino). Ma di quale cerimonia parliamo? Quella festa che celebra la possibilità e la capacità di salvarsi dal dolore. Con la filosofia l’uomo sceglie di non voler più (soltanto) sognare. La teoria è la contemplazione di ciò che si mostra in “luce”. Incontrovertibilmente. Teoria significa anche sguardo. Lo sguardo che entra nelle cose e le mette in luce, penetrando l’oscurità delle cose. La parola Filosofia è generalmente tradotta con “amore della sapienza”. Anche questa è una traduzione debole, dice Severino. Φιλοσοφία è composto di φιλεῖν (filèin), “amare”, e σοφία (sofìa). Ma qui il termine amare deve essere inteso nel senso dell’“aver cura”, “avere attenzione”. La parola “sophia” deriva da “saphes” che vuol dire, “chiaro, luminoso, che sta in luce, che non si nasconde, che si mostra” che sta lì, si mostra, davanti a noi, non lo si può negare, non è sogno. “Phes” ricorda la parola “phos” che significa luce. Come la fotografia che è la “scrittura di luce” (φῶς | phôs + γραφή | graphis). La filosofia, fin dall’origine,traduce la volontà di portare alla luce il “saphes“, cioè la volontà di testimoniare ciò che si mostra in modo incontrovertibile.
La filosofia porta alla luce il senso del nulla come ciò che si contrappone alle cose che costituiscono la totalità. Parmenide parla di assoluta differenza tra ciò che è e ciò che non è. Per la mitologia i morti viaggiano verso un luogo da dove si può ritornare. L’angoscia della morte è radicalmente inferiore rispetto a quella che si origina se si pensa che il morire vuol dire andare là, dove non c’è niente. La filosofia è responsabile della nascita di questa incognita terrorizzante: il nulla, il massimo dei pericoli, quel luogo ove il dolore e la morte segnano la fine di tutto. La filosofia per questo ha la missione, il dovere, di trovare un rimedio. Un rimedio che sia sommo, nel senso di qualcosa che non sia sottoposto a morte. Qualcosa di sempre salvo dal nulla.