Intervista rilasciata da Jacques Lacan a Emilia Granzotto pubblicata su Panorama, Roma, 21 novembre 1974.
Domanda – Professor Lacan, si sente parlare sempre più spesso di crisi della psicoanalisi: Sigmund Freud, si dice, è un sorpassato, la società moderna ha scoperto che la sua dottrina non basta a comprendere l’uomo, né a interpretare a fondo il suo rapporto con l’ambiente, con il mondo…
Risposta – Storie. Primo : la crisi. Non c’è, non può esserci, la psicoanalisi non ha affatto raggiunto i suoi limiti, anzi. C’è ancora tanto da scoprire, nella pratica e nella dottrina. In psicoanalisi non esistono soluzioni immediate, ma solo la lunga, paziente ricerca dei perché. Secondo : Freud. Come si fa a giudicarlo superato, se ancora non l’abbiamo interamente capito ? Di certo sappiamo che ha fatto conoscere cose nuovissime, mai neppure immaginate prima di lui. Dai problemi dell’Inconscio all’importanza della sessualità, dall’accesso al simbolico alla soggezione alle leggi del linguaggio. La sua dottrina ha messo in questione la verità, una faccenda che riguarda tutti e ciascuno, personalmente. Altro che crisi. Ripeto : siamo lontani dalle mete di Freud. Anche perché il suo nome è servito a coprire molte cose, ci sono state deviazioni, gli epigoni non hanno sempre seguito fedelmente il modello, si è creata confusione. Dopo la sua morte, nel ‘39, anche certi suoi allievi hanno preteso di fare psicoanalisi in modo diverso, riducendo il suo insegnamento a qualche formuletta banale : la tecnica come rito, la pratica ristretta al trattamento del comportamento, e, come meta, il riadattamento dell’individuo al suo ambiente sociale. Cioè la negazione di Freud, una psicoanalisi di comodo, da salotto. Lui l’aveva previsto. Diceva : ci sono tre posizioni insostenibili, tre impegni impossibili, governare, educare, e fare psicoanalisi. Oggi, non importa chi ha responsabilità di governo, e tutti si pretendono educatori. Quanto agli psicoanalisti, ahimè, prosperano. Come i maghi e i guaritori. Proporre alla gente di aiutarla significa il successo assicurato e la clientela fuori dalla porta. La psicoanalisi è altro.
D. – Che cosa, esattamente ?
R. – Io la definisco un sintomo. Rivelatore del malessere della civiltà in cui viviamo. Certo non è una filosofia, io aborro la filosofia, è tanto tempo che non dice più niente di interessante. Non è nemmeno una fede, e non mi va di chiamarla scienza. Diciamo che è una pratica e che si occupa di quello che non va. Maledettamente difficile, perché pretende d’introdurre nella vita di tutti i giorni l’impossibile, l’immaginario. Finora ha ottenuto certi risultati, ma non ha ancora regole e si presta a ogni sorta di equivoco. Non bisogna dimenticare che si tratta di qualcosa di assolutamente nuovo sia rispetto alla medicina sia alla psicologia e affini. E anche molto giovane. Freud è morto da appena 35 anni. Il suo primo libro, L’interpretazione dei sogni, è stato pubblicato nel 1900. Con pochissimo successo. Se ne vendettero credo 300 copie in qualche anno. Aveva anche pochi allievi, presi per matti e neppure loro d’accordo sul modo di attuare e interpretare quello che avevano appreso.