Fonte: H. Poincaré, La scienza e l’ipotesi, trad. it. di F. Albergamo, La Nuova Italia, Firenze, 1949, pagg. 46-50 ( pagg. 312-313)
Ogni geometria suppone delle premesse; queste o sono evidenti di per se stesse, e non hanno bisogno di dimostrazione, o possono essere stabilite solo appoggiandosi ad altre proposizioni; e poiché non si può andare cosí all’infinito, ogni scienza deduttiva, e in particolare la geometria, deve fondarsi su un certo numero di assiomi indimostrabili. Tutti i trattati di geometria cominciano dunque con l’enunciato di tali assiomi. Ma vi è tra gli assiomi una distinzione da fare: alcuni, come questo per esempio: “due quantità eguali a una terza sono eguali tra loro”, non sono proposizioni di geometria, ma proposizioni di analisi. Io le considero come giudizi analitici a priori, e non me ne occuperò. Ma devo insistere su altri assiomi, peculiari alla geometria. La maggior parte dei trattati ne enunciano esplicitamente tre: 1° Per due punti può passare solo una retta; 2° La linea retta è il piú breve cammino tra un punto e l’altro; 3° Per un punto non si può far passare che una sola parallela a una retta data. Benché ci si dispensi generalmente dal dimostrare il secondo di questi assiomi, si può tuttavia dedurlo dagli altri due e da quelli, molto piú numerosi, che vengono ammessi implicitamente senza enunciarli […]. Per lungo tempo si è cercato invano di dimostrare il terzo assioma, noto sotto il nome di postulato di Euclide. Gli sforzi fatti in questa chimerica speranza sono veramente inimmaginabili. Finalmente, al principio del secolo, e all’incirca nello stesso tempo, due scienziati, un russo e un ungherese, Lobacevskij e Bolyai, stabilirono in maniera irrefutabile che tale dimostrazione è impossibile; essi ci hanno quasi liberati dagli inventori di geometrie senza postulati; da allora, l’Accademia delle Scienze non riceve piú che una o due dimostrazioni nuove ogni anno. La questione non era però esaurita; essa non tardò a fare un gran passo con la pubblicazione della celebre memoria di Riemann intitolata: Ueber die Hypothesen welche der Geometrie zum Grunde liegen. Questo opuscolo ha ispirato la maggior parte dei recenti lavori…, fra i quali bisogna citare quelli di Beltrami e di Helmotz.
Se fosse possibile dedurre il postulato di Euclide dagli altri assiomi, avverrebbe evidentemente che, negando il postulato e ammettendo altri assiomi, si arriverebbe a conseguenze contraddittorie; sarebbe dunque impossibile fondare su tali premesse una geometria coerente. Ora ciò è precisamente quello che ha fatto Lobacevskij. Egli suppone al principio che:si possono per un punto condurre piú parallele a una retta data, e conserva, invece, tutti gli altri assiomi di Euclide. Da questa ipotesi deduce una serie di teoremi, tra i quali è impossibile rilevare alcuna contraddizione, e costruisce una geometria, la cui logica impeccabile non cede in nulla a quella della geometria euclidea. I teoremi di tale geometria sono, si capisce molto differenti da quelli a cui siamo abituati, ed essi in sul principio ci disorientano un poco. Per esempio, la somma degli angoli di un triangolo è sempre minore di due retti, e la differenza tra questa somma e due retti è proporzionale alla superficie del triangolo. […] La geometria di Riemann è la geometria sferica estesa alle tre dimensioni. Per costruirla, il matematico tedesco ha dovuto buttar giú, non solo il postulato di Euclide, ma anche il primo assioma: per due punti si può condurre una sola retta. Sopra una sfera, per due punti dati si può far passare, in generale, solo un cerchio massimo […]. Ma vi è un’eccezione: se i due punti dati sono diametralmente opposti, si potranno far passare per essi una infinità di cerchi massimi. Parimenti nella geometria di Riemann (almeno sotto una delle sue forme), per due punti passerà in generale solo una retta; ma vi sono casi eccezionali, nei quali per due punti potranno passare una infinità di rette […].