Fonte: J. Locke, Saggio sull’intelletto umano, II, cap. XXIII, 1-2, 4-5
Lo spirito, come ho dichiarato, è fornito di un gran numero di idee semplici, portate in esso nei sensi, cosí come sono trovate nelle cose esterne, o dalla riflessione sulle proprie operazioni; ma esso prende nota anche che un certo numero di queste idee semplici vanno costantemente insieme, e, poiché si presume che esse appartengano a un’unica cosa, e le parole sono adatte alle nostre apprensioni comuni e vengono usate per una rapida comunicazione, quelle idee semplici, cosí unite in un unico soggetto, sono chiamate con un unico nome. Ma poi, per disattenzione, siamo portati a parlare di quelle cose come di un’unica idea semplice e a considerarle un’unica idea semplice, mentre in realtà si tratta di una mescolanza di molte idee insieme. Per cui, come ho detto, non immaginando in che modo queste idee semplici possono sussistere di per sé, ci siamo abituati a supporre un qualche substratum nel quale esse di fatto sussistano e dal quale risultino, e che, perciò, chiamiamo sostanza. Per cui, se qualcuno esamina se stesso in relazione a questa nozione di una sostanza pura in generale, troverà che di essa non ha assolutamente nessun’altra idea all’infuori della supposizione di un supporto, che non sa che cosa sia, della qualità che sono capaci di produrre in noi idee semplici; queste qualità sono chiamate comunemente accidenti. Perciò, quando parliamo di una particolare specie di sostanze corporee, come cavallo, pietra ecc., o pensiamo ad esse, sebbene l’idea che abbiamo di una di esse sia soltanto la mescolanza o collezione delle diverse idee semplici di qualità sensibili che di solito troviamo unite nella cosa chiamata cavallo o pietra, tuttavia, poiché non possiamo concepire come esse sussistano sole, senza essere in qualche altra cosa, supponiamo che esistano in un comune soggetto e siano sorrette da esso. Con il nome di sostanza denotiamo quel supporto, sebbene sia certo che non abbiamo nessuna idea chiara o distinta della cosa che supponiamo che sia un supporto. Lo stesso accade con le operazioni dello spirito, come pensare, ragionare, temere ecc. Concludiamo che esse non sussistano di per se stesse, né riusciamo a comprendere come esse possano appartenere a un corpo o essere prodotte da esso, e perciò abbiamo la tendenza a pensare che siano le azioni di qualche altra sostanza, che chiamiamo spirito. Perciò è tuttavia evidente che non avendo nessun’altra idea o nozione di materia, se non come qualcosa in cui tutte quelle molte qualità sensibili che colpiscono i nostri sensi sussistono, supponendo che ci sia una sostanza della quale sussistono il pensare, il conoscere, il dubitare e il potere di muovere le cose ecc., abbiamo della sostanza dello spirito una nozione altrettanto chiara quanto è quella che abbiamo del corpo. Dell’una si suppone che sia, pur senza conoscere che cosa sia, il substratum delle idee semplici che riceviamo dall’esterno, dell’altra si suppone che sia, con un’analoga ignoranza di ciò che essa è, il substratum delle operazioni che sperimentiamo dentro noi stessi. È evidente allora che l’idea di sostanza corporea nell’ambito della materia è altrettanto remota dai nostri pensieri e dalle nostre comprensioni, quanto quella di sostanza spirituale o spirito. Perciò, a partire dal fatto che non abbiamo nessuna nozione della sostanza dello spirito, non possiamo concludere che esso non esiste, piú di quanto possiamo concludere che non esiste il corpo per la medesima ragione: infatti è altrettanto ragionevole affermare che non c’è nessun corpo, perché non abbiamo nessuna idea chiara e distinta della sostanza della materia, quanto lo è il dire che non c’è nessuno spirito, perché non abbiamo nessuna idea chiara e distinta della sostanza di uno spirito.