Fonte: G. W. Leibniz, Scritti filosofici, UTET, Torino, 1967, vol. I, pagg. 288-289
31. I nostri ragionamenti sono fondati su due grandi princípi, quello di contraddizione, in virtú del quale noi giudichiamo falso ciò che implica contraddizione e vero ciò che è opposto o contraddittorio al falso.
32. E quello di ragion sufficiente, in virtú del quale consideriamo che nessun fatto può essere vero o esistente e nessuna proposizione vera, senza che vi sia una ragione sufficiente perché sia cosí e non altrimenti, per quanto queste ragioni il piú delle volte non possano esserci conosciute.
33. Vi sono pure due specie di verità, quelle di ragione, e quelle di fatto. Le verità di ragione sono necessarie ed il loro opposto è impossibile, quelle di fatto sono contingenti ed il loro opposto è possibile. Quando una verità è necessaria, è possibile trovarne la ragione, mediante l’analisi, risolvendola in idee e verità piœ semplici, fino a quando non si giunga alle verità primitive.
34. Ed è perciò che nelle matematiche i teoremi speculativi ed i canoni pratici sono ricondotti, mediante l’analisi, alle definizioni, agli assiomi ed ai postulati.
35. Vi sono infine idee semplici delle quali non è possibile dare la definizione: cosí vi sono assiomi e postulati, in una parola, princípi primitivi, che non possono essere provati, perché non hanno bisogno di prova: sono enunciati identici, il cui opposto contiene una contraddizione manifesta.
36. Ma la ragione sufficiente si deve trovare anche nelle verità contingenti o di fatto cioè nella serie delle cose sparse nell’universo delle creature; in esse la risoluzione in ragioni particolari può essere spinta senza limiti, a causa dell’immensa varietà delle cose della natura e della divisione dei corpi all’infinito. C’è un’infinità di figure e di movimenti, presenti e passati, che entrano nella causa efficiente del mio presente scrivere, e c’è una infinità di piccole inclinazioni e di disposizioni della mia anima, presenti e passate, che entrano nella causa finale.
37. E siccome tutto questo dettaglio non implica se non altri contingenti anteriori, ancora piú particolareggiati, ciascuno dei quali ha bisogno, perché se ne possa rendere ragione, di un’analisi simile, a questo modo non si avanza affatto e bisogna che la ragione sufficiente o ultima sia al di fuori della successione o della serie di questi dettagli delle contingenze, per quanto infinita possa essere.
38. È perciò che la ragione ultima delle cose deve trovarsi in una sostanza necessaria, nella quale il dettaglio dei mutamenti si trovi in modo eminente come in una fonte: è quello che chiamiamo Dio.
39. Ora, poiché questa sostanza è la ragione sufficiente di tutto quel dettaglio, che cosí è tutto legato, non c’è che un solo Dio e questo Dio è sufficiente.
40. Si può inoltre affermare che questa sostanza suprema, che è l’unica universale e necessaria, non avendo nulla al di fuori di sé che sia da essa indipendente ed essendo una conseguenza diretta dell’essere possibile, deve essere incapace di limiti e contenere la massima quantità possibile di realtà.