Fonte: J. Lacan, “Due note sul bambino”, in La psicoanalisi, n. 1, p. 22
Nella concezione elaborata da Jacques Lacan, il sintomo del bambino è al posto giusto per rispondere a quello che vi è di sintomatico nella struttura familiare. Il sintomo, ed è il fatto fondamentale dell’esperienza analitica, si definisce in tal contesto come rappresentante della verità. Il sintomo può rappresentare la verità della coppia familiare. È questo il caso più complesso, ma anche il più aperto ai nostri interventi. L’articolazione si riduce di molto quando il sintomo che giunge a dominare è di pertinenza della soggettività della madre. In questo caso il bambino è interessato direttamente in quanto correlativo di un fantasma. La distanza tra l’identificazione con l’ideale dell’io e la parte presa dal desiderio della madre, se non ha alcuna mediazione (quella che assicura normalmente la funzione del padre) lascia il bambino aperto a ogni presa fantasmatica, egli diventa ‘l’oggetto’ della madre, e non ha altra funzione che di rivelare la verità di questo oggetto. Il bambino realizza la presenza di ciò che Jacques Lacan designa come l’oggetto a nel fantasma. Egli satura, sostituendosi a quest’oggetto, il modo di mancanza in cui si specifica il desiderio (della madre), qualunque ne sia la struttura particolare: nevrotica, perversa o psicotica. Egli aliena in sé ogni accesso possibile della madre alla sua propria verità, dandole corpo, esistenza, e perfino esigenza di essere protetto. Il sintomo somatico offre la massima garanzia a questo disconoscimento; esso è la risorsa inesauribile, secondo i casi, per testimoniare della colpevolezza, per servire da feticcio, per incarnare un primordiale rifiuto. Insomma, il bambino nel rapporto duale con la madre le offre, immediatamente accessibile, quello che manca al soggetto maschile: l’oggetto stesso della sua esistenza, che appare nel reale. Ne risulta che egli è offerto ad un più grande subordinamento nel fantasma, in proporzione di quello che egli presenta di reale. A vedere, sembra, lo scacco delle utopie comunitarie, la posizione di Lacan ci ricorda la dimensione di quel che segue. La funzione di residuo che la famiglia coniugale nell’evoluzione delle società sostiene (e nello stesso tempo mantiene), mette in valore l’irriducibile di una trasmissione – che è di un altro ordine di quella della vita secondo la soddisfazione dei bisogni – ma che è di una costituzione soggettiva, che implica la relazione a un desiderio che non sia anonimo. È secondo una tale necessità che si valutino le funzioni della madre e del padre. Della madre: per il fatto che le sue cure portano l’impronta di un interesse particolarizzato, fosse solo tramite le proprie mancanze. Del padre: per il fatto che il suo nome è il vettore di un’incarnazione della Legge nel desiderio.