Fonte: M. Heidegger, Was heisst Denken?, Tübingen, 1954, 19713, trad. it. di U. Ugazio e G. Vattimo, Che cosa significa pensare?, vol. I, Sugarco, Milano, 1978, pagg. 69-71
Nietzsche vede nell’ambito del pensiero essenziale, piú chiaramente di chiunque altro, la necessità di un passaggio e con esso il pericolo che l’uomo tradizionale rimanga sempre piú ostinatamente alla superficie esterna della sua essenza tradizionale e che consideri la superficie di queste superfici come l’unico spazio per il suo soggiorno sulla terra. Questo pericolo è tanto piú grande, in quanto si presenta in un momento storico che Nietzsche fu il primo a riconoscere chiaramente e che fu l’unico finora a penetrare metafisicamente in tutta la sua portata. È il momento in cui l’uomo si prepara ad assumere il controllo totale della terra.
Nietzsche è il primo che si pone la domanda: è l’uomo in quanto uomo, nella sua essenza tradizionale, preparato ad assumere questo controllo? Se non lo è, che cosa deve accadere perché egli si “sottometta” la terra, e possa cosí adempiere alla parola dell’Antico Testamento? Nietzsche, nell’orizzonte del suo pensiero chiama quest’uomo tradizionale “l’ultimo uomo”. Questo appellativo non significa però che avrebbe fine, con colui che lo porta, l’essenza dell’uomo in generale. L’ultimo uomo è invece quello che non è piú in grado di guardare oltre se stesso e di accedere finalmente al di là di se stesso, all’ambito del compito che gli è proprio, eseguendolo in maniera essenziale. L’uomo tradizionale non ne è capace, perché egli stesso non è ancora entrato nella sua piena essenza. Nietzsche spiega: questa essenza dell’uomo non è ancora per nulla stabilita, ossia essa non è stata né trovata né resa stabile. Per questa ragione Nietzsche dice: “L’uomo è l’animale non ancora stabilito(festgestellte)”. La frase ha un suono strano. Eppure dice soltanto ciò che il pensiero occidentale ha pensato da sempre dell’uomo. L’uomo è l’animale razionale. Con la ragione l’uomo si eleva al di sopra dell’animale, ma in una maniera tale, per cui deve continuamente guardare dall’alto l’animale, porlo sotto di sé, troncare con esso. Se chiamiamo sensibile tutto ciò che è animale e compren-diamo la ragione come ciò che è non-sensibile e soprasensibile, l’uomo, l’animale razionale, ci apparirà come l’essenza sensibile-soprasensibile. Se chiamiamo fisico, in base alla tradizione, tutto ciò che è sensibile, la ragione, il soprasensibile, si mostrerà come ciò che sta oltre il sensibile, oltre il fisico, oltre si dice in greco metà; metá tá physiká, oltre il fisico, il sensibile; nel suo andar oltre il fisico è metafisico. L’uomo è, finché viene rappresentato come animale razionale, il fisico nell’oltrepassamento del fisico. Detto in breve: nell’essenza dell’uomo come animale razionale si raccoglie il passaggio dal fisico al non-fisico e all’oltre-fisico: l’uomo è cosí il meta-fisico stesso. Ma nella misura in cui per Nietzsche manca una rappresentazione adeguata tanto del fisico, del sensibile nell’uomo, del corpo, quanto del non-sensibile, della ragione nella sua essenza, l’uomo rimane nella sua determinazione tradizionale l’animale non ancora rappresentato e, di conseguenza, non ancora stabilito. […] Ma per poter finalmente stabilire l’essenza dell’uomo tradizionale, l’uomo tradizionale deve esser portato oltre se stesso. L’uomo tradizionale è l’ultimo nella misura in cui non è in grado, il che significa che non lo vuole, di assoggettarsi a se stesso e di disprezzare ciò che vi è di spregevole nella sua modalità tradizionale. Per questa ragione è necessario per l’uomo tradizionale cercare il passaggio oltre se stesso e trovare il ponte verso quell’essenza cui l’uomo tradizionale potrà giungere quando avrà oltrepassato la sua tradizionale e ultima essenza. Nietzsche dà la prima immagine di questa modalità essenziale, da lui individuata, dell’oltrepassamento di se stesso, dell’uomo nella figura di Zarathustra. Nietzsche sceglie per l’uomo che va oltre se stesso, che si pone cosí al di sopra di sé e finalmente si stabilisce, un nome sin troppo facile al malinteso. Nietzsche chiama l’uomo che va oltre l’uomo tradizionale il “superuomo”. Con questo appellativo Nietzsche non intende indicare propriamente un ingrandimento della dimensione dell’uomo tradizionale. Neppure è inteso qui un tipo di uomo che rigetta l’“umano” e fa dell’arbitrio la legge e di una titanica frenesia la regola. Il superuomo è colui che per primo porta l’essenza dell’uomo tradizionale nella sua verità e s’incarica di questa verità.