Del complesso di castrazione

Brani antologici Seminario IV: Jacques Lacan, Il seminario. Il libro IV. La relazione d’oggetto, Enaudi, Torino, 2007. La struttura dei miti nell’osservazione della fobia del piccolo Hans

Se prendiamo le cose a un primo livello di lettura, possiamo dire che la castrazione è il segno del dramma dell’Edipo, così come ne è il perno implicito. (S4, 217).

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In effetti, l’aphanisis è la sparizione, ma la sparizione di che cosa? In Jones è la sparizione del desiderio. L’aphanisis, sostituita alla castrazione, è il timore del soggetto di vedere spegnersi in lui il desiderio. (S4, 218)

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Ora l’oggetto di cui si tratta è il pene. Nel momento e al livello in cui parliamo di privazione, tale oggetto ci viene dato allo stato simbolico. Quanto alla castrazione, per quanto sia efficace, provata, presente nella genesi di una nevrosi, essa si applica a un oggetto immaginario, come indica alla lavagna l’ordine necessario. Nessuna castrazione, tra quelle di cui si tratta nell’incidenza di una nevrosi, è mai una castrazione reale. Non entra in gioco se non perché si attua nel soggetto sotto forma di un’azione applica a un oggetto immaginario. (S4, 220)

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Per avere una guida e poterci riferire a termini precedenti, vi chiedo, per un istante, di accettare come acquisita l’ipotesi su cui si appoggerà la nostra articolazione così come l’abbiamo posta l’ultima volta – e cioè che dietro alla madre simbolica, c’è il padre simbolico. Il padre simbolico è una necessità della costruzione simbolica che non possiamo situare se non in un al di là, direi quasi una trascendenza, comunque come un termine che, ve l’ho indicato per inciso, non è raggiunto se non tramite una costruzione mitica. Ho spesso insistito sul fatto che questo padre simbolico, alla fine, non è rappresentato da nessuna parte. Strada facendo, vi confermerò se la cosa ha un valore, se è effettivamente utile, se ci farà reperire nella realtà complessa questo elemento del dramma della castrazione. (Ibidem)

I padre reale è tutta un’altra cosa. Il bambino ne ha avuto una comprensione assai difficile a causa dell’interferenza dei fantasmi e della necessità della relazione simbolica. Del resto, avviene così per ciascuno di noi. Se vi è qualcosa che sta alla base di ogni esperienza psicoanalitica, è che facciamo una grande fatica ad apprendere quanto vi è di più reale intorno a noi, vale a dire gli esseri umani cos’ come sono. Tutta la difficoltà, sia dello sviluppo psichico, sia semplicemente della vita quotidiana, sta nel sapere con chi abbiamo realmente a che fare. La stessa cosa avviene per quanto riguarda il personaggio del padre che, in condizioni ordinarie, può essere a buon diritto considerato un elemento costante di quanto, ai giorni nostri, chiamiamo l’ambiente del bambino. Vi prego quindi di accettare per il momento ciò che forse a prima vista vi sembrerà paradossale alla lavagna, e cioè che, contrariamente alla funzione normativa o tipica che vorremmo attribuirgli nel dramma dell’Edipo, è al padre reale che viene effettivamente rimessa la funzione emergente nel complesso di castrazione.(S4, 221-222)

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Tale fobia viene presa in pugno dal padre, che è un discepolo di Freud. Si tratta di un’ottima persona, il meglio che potesse capitare come padre reale, e il piccolo Hans nutre veramente nei suoi riguardi i migliori sentimenti. Ama molto il padre ed è lungi dal temere da parte sua un trattamento cos’ eccessivo come la castrazione. D’altronde non si può dire che il piccolo Hans sia frustrato in qualcosa. Così come lo vediamo all’inizio dell’osservazione, il piccolo Hans, figlio unico, è immerso nella felicità. È oggetto di un’attenzione per manifestare la quale il padre non ha certo aspettato la comparsa della fobia, ed è anche oggetto delle pi tenere cure da parte della madre, tanto tenere che gliele passa tutte lisce. In verità, ci vuole la sublime serenità di Freud  per avallare l’azione della madre, mentre ai giorni nostri tutti gli anatemi si sarebbero riversati su di lei, che ogni mattina ammette il piccolo Hans come terzo nel letto coniugale, contro le riserve espresse dal padre nonché sposo. Costui non solo si dimostrerà di una tolleranza assai particolare, ma possiamo notare che non ha nessuna voce in capitolo, poiché, qualunque cosa egli dica, le cose proseguono allo stesso modo nella maniera più decisa, senza che la madre tenga in contro un solo istante l’osservazione che le viene rispettosamente  suggerita dal personaggio del padre. (S4, 223)

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La madre esiste come oggetto simbolico e come oggetto d’amore, lo conferma l’esperienza, ed è quanto formulo nella posizione che attribuisco ala madre alla lavagna. La madre è, innanzitutto, madre simbolica, ed è solo nella crisi della frustrazione che inizia a essere reale, a causa di un certo numero di bruschi impatti e particolarità che si producono nelle relazioni tra madre e figlio. La madre oggetto d’amore può essere a ogni istante la madre reale in quanto frusta questo amore. (S4, 224)

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Come vi ho indicato, la questione che vi viene proposta dai fatti è quella di sapere in che modo il bambino colga ciò ce egli è per la madre (S4, 225)

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È nella relazione con la madre che il bambino sperimenta il fallo come il centro del desiderio di lei. Egli stesso si situa nelle differenti posizioni tramite cui è portato a mantenere o più esattamente ad adescare il desiderio della madre. (S4, 226)

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Il bambino si presenta alla madre come avente in sé il fallo da offrire, a gradi e posizioni differenti. Può identificarsi con la madre, identificarsi con il fallo, identificarsi con la madre come portatrice del fallo o presentarsi come portatore del fallo. Si tratta di un altro grado, non di astrazione, ma di generalizzazione della relazione immaginaria che definisco come esca, tramite cui, il bambino attesta alla madre che può colmarla, non solo come bambino, ma anche per quanto riguarda il desiderio e, per dirla tutta, per quanto riguarda ciò che le manca. (Ibidem)

Che cosa cambia, dal momento che nella vita del piccolo Hans non sopraggiunge niente di critico? Ciò che cambia è il fatto che il suo pene incomincia a diventare qualcosa di reale. Il suo pene incomincia a muoversi e il bambino incomincia a masturbarsi. L’elemento importante non è tanto che la madre intervenga proprio in quel momento, ma che il pene sia diventato reale. Si tratta dell’elemento massiccio dell’osservazione. A partire da questo dobbiamo chiederci se non vi sia una relazione tra questo fatto e quanto appare in quel momento, vale a dire l’angoscia (S4, 226-227)

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Insomma, l’angoscia è correlativa del momento in cui il soggetto è sospeso tra un tempo in cui non sa più dov’è e un tempo in cui non sa più dov’è e un tempo in cui sarò qualcosa in cui non potrà mai più ritrovarsi. Questa è l’angoscia. (S4, 227)

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Il bambino cerca di calarsi, integrarsi in ciò che egli è per l’amore della madre – e, con un po’ di fortuna, addirittura molto poca, ci riesce, dato che basta un indizio, per quanto debole, per suggellare questa relazione così delicata. Ma dal momento in cui interviene la sua pulsione, il suo pene reale, appare lo scollamento di cui parlavo prima. È preso nella sua stessa trappola, ingannato dal suo stesso gioco, preda di tutte le discordanze, messo a confronto con l’immensa frattura che vi è tra soddisfare un’immagine e avere qualcosa di reale da presentare – da presentare casch, se così posso dire. (S4, 228)

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Con che cosa deve confrontarsi il piccolo Hans? È posto nel punto d’incontro tra la pulsione reale e il gioco immaginario dell’esca fallica, e questo nei confronti della madre. Che cosa si produce allora, dato che c’è una nevrosi? Non vi stupirete nell’apprendere che si produce una regressione. […] Si produce lo stesso cortocircuito con il quale si soddisfa la frustrazione primitiva e che conduce il bambino ad appropriarsi del seno per porre fine a tutti i problemi, ossia l’apertura beante che si apre davanti a lui, quella di essere divorato dalla madre. (S4, 229)

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Il cavallo si situa in un limite estremamente preciso che mostra bene come questi oggetti siano presi a prestito da una categoria di significanti della stessa natura, omogenei a quelli che si trovano negli stemmi. Nella costruzione di Totem e tabù non è altro a motivare l’analogia tra il padre e il totem. Questi oggetti hanno, in effetti, una funzione assai speciale, quella di supplire al significante del padre simbolico. (S4, 230)

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La fobia approda a un trattamento quanto mai soddisfacente – vedremo che cosa vuol dire trattamento soddisfacente a proposito della sua fobia – proprio perché è intervenuto il padre reale, che era così poco intervenuto fino a quel momento e che, del resto, non ha potuto farlo se non perché dietro di lui vi era il padre simbolico, Freud. (S4, 231)

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Possiamo concludere che la soluzione della fobia è legata alla costellazione di questa triade: orgia immaginaria, intervento del padre reale, castrazione simbolica. (S4, 231)