Il 5 febbraio 1992 il Parlamento italiano ha emanato un importante provvedimento legislativo: la “Legge-quadro 104/92 per l’assistenza e l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate“.
Con l’approvazione di questa legge si è sintetizzato in unico testo le diverse normative preesistenti, attraverso nuove regole e nuove risposte ai problemi dei disabili: prevenzione e rimozione di situazioni invalidanti divengono obiettivi dai quali è impossibile prescindere e ribadendo con forza la necessità di una piena partecipazione sociale dei disabili, vengono disposti interventi idonei per il miglioramento dell’autonomia personale e l’esercizio dei diritti civili.
Naturalmente in quanto “Legge Quadro” questa normativa stabilisce in linea di principio l’insieme dei diritti del disabile senza però addentrarsi nelle specifiche operative. La programmazione di queste ultime è lasciata per lo più alle Regioni, spesso senza dare alcuna precisazione circa i tempi entro cui dovranno essere scritte le regole operative da seguire. La legge prevede numerosi settori di intervento e lascia un importante quanto problematico potere decisionale agli Enti Locali che concretamente hanno poi il compito di applicare i contenuti dei principi legislativi.
In riferimento all’educazione e all’istruzione la Legge-quadro: assicura l’integrazione negli asili nido dei bambini con handicap da 0 a 3 anni, garantendo l’inserimento nelle scuole materne, nelle comuni classi delle scuole di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie; per favorire l’integrazione scolastica inoltre prevede il riconoscimento dell’alunno come persona diversamente abile attraverso l’acquisizione della documentazione derivante dalla diagnosi funzionale e la costruzione di un profilo dinamico-funzionale necessario per la realizzazione di un piano educativo individualizzato alla cui definizione lavoreranno contemporaneamente i genitori della persona disabile, gli operatori delle strutture sanitarie locali, il personale insegnante specializzato della scuola, con la presenza dell’educatore-operatore psico-pedagogico. Il profilo deve rendere noto sia le caratteristiche fisiche che quelle psichiche, sociali ed affettive dello studente disabile indicando quali sono le difficoltà di apprendimento causati dall’handicap e quali sono le possibilità di recupero, e quali le capacità “intatte” (non deficitarie) che devono essere sostenute e progressivamente rafforzate e sviluppate (queste tematiche saranno trattate in dettaglio più avanti).
La Legge-Quadro, inoltre, contempla la possibilità di istituire presso i centri di recupero e di riabilitazione pubblici e privati, delle sezioni staccate di scuola statale per minori disabili impossibilitati temporaneamente a frequentare la scuola per problemi di salute ed oltre a ciò prevede che le prove di valutazione finale siano messe in relazione agli insegnamenti impartiti tenendo presente i progressi raggiunti a partire dalle potenzialità reali del giovane disabile. Nella scuola media superiore sono previste esami equipollenti, con tempi di effettuazione lunghi e con la partecipazione di assistenti atti a garantire l’autonomia e la comunicazione.
Sia sul piano normativo sia su quello operativo la Legge-quadro ha sicuramente reso possibile fare dei passi in avanti per l’integrazione scolastica, di tali vantaggi ne hanno goduto anche i bambini non affetti da handicap, nonostante ancora oggi molti sono i pregiudizi che portano a pensare il contrario. Alcuni sostengono che la presenza di un giovane disabile possa interferire, disturbare, rallentare i processi di apprendimento dell’intera classe. E’ stato dimostrato esattamente il contrario: tale inserimento facilita la nascita, nel futuro cittadino, della capacità di accettare le differenze degli altri e di meglio tollerare le proprie difficoltà, inoltre concorre alla formazione di giovani più disponibili a vivere in una società sempre più caratterizzata dalla presenza di etnie, di linguaggi, di opinioni, di religioni, di abitudini, di condizioni famigliari e sociali diverse. Nel comma 3 dell’art. 12 si dice: che l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento e nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione. Tale comma rimanda al concetto di funzione terapeutica dell’handicap, poiché l’apprendimento delle relazioni e della socializzazione favorisce la capacità di riconoscere e valorizzare la diversità nei normodotati, obbligando per giunta gli operatori scolastici ad organizzarsi in maniera precisa attraverso delle programmazioni mirate.
L’articolo 12 della L. 104 è fondamentale per la regolamentazione del processo d’integrazione che si articola attraverso il diritto all’educazione e all’istruzione per le persone disabili; nel primo comma di questo articolo si modificano sostanzialmente le affermazioni già presenti nella legge 517/77 (di certo importanti ma ancora troppo blande proprio perché ci si limitava ad assicurare l’inserimento nelle scuole dell’obbligo senza nulla aggiungere), sancendo il diritto dei bambini con handicap di essere inseriti negli asili-nido e nelle altre istituzioni scolastiche. Negli articoli 13 e 14 rispettivamente ci si riferisce agli strumenti per l’attuazione dell’integrazione messi a disposizione in maniera coordinata dalla Scuola e dagli Enti Locali, ASL/USL ed alle modalità di attuazione dell’integrazione.
Nonostante il fatto che la Legge 104 sia caratterizzata dalla cultura dell’intervento preventivo, precoce, molti ancora sono i passi della legge che sono mancanti del requisito di coercibilità, l’esempio più lampante lo troviamo nell’articolo 13 dove si afferma che i comuni e le USL possono, (e quindi non devono), mettere a disposizione il materiale idoneo e personale, specializzato per gli asili-nido.
Sarà il 2° comma dell’art. 12 a spazzare via la possibilità di ulteriori fraintendimenti, in esso, infatti, si sancisce il diritto perfetto delle persone con handicap all’inserimento nelle classi comuni. La Legge 517 del 1977 abolisce le classi differenziali e la Legge 104 del 1992 completa il lavoro garantendo: “il diritto all’educazione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie”. Molto importante risulta, come preannunciavo poco sopra, l’espressione “classi comuni” perché con essa si sostituisce definitivamente e senza possibilità di fraintendimento il concetto di “integrazione reale”, che prevedeva la presenza di classi speciali nelle scuole ordinarie, con quello di “integrazione personale” che si riferisce, invece all’inserimento della persona nelle classi comuni.