Tratto Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 888-889 – D. Hume, Trattato sulla natura umana, Libro primo, Parte quarta, Sez. prima
Qualcuno forse mi domanderà se sono veramente convinto di ciò che mi affatico tanto a dimostrare, se sono realmente uno di quegli scettici che sostengono che tutto è incerto e che il nostro giudizio non ha alcuna misura del vero e del falso in nessuna cosa. Rispondo che la domanda è del tutto superflua, e che nessuno, né io né altri, è stato mai sinceramente e costantemente di quest’opinione. Per un’assoluta e irresistibile necessità, la natura ci porta a giudicare come a respirare e a sentire; né possiamo trattenerci dal considerare certi oggetti sotto una luce piú forte e piena a causa della loro abituale connessione con un’impressione presente, di quel che possiamo impedirci di pensare finché siamo svegli o di vedere i corpi circostanti quando volgiamo gli occhi attorno in pieno mezzogiorno. Chiunque si è preso la pena di confutare i cavilli di questo scetticismo totale, ha in realtà discusso senza avversari e ha cercato di sostenere con argomentazioni una facoltà che la natura ha precedentemente ben radicata nello spirito e resa inevitabile. La mia intenzione nell’esporre con tanta cura gli argomenti di tale setta fantastica, è soltanto di convincere il lettore della verità della mia dottrina: che, cioè, tutti i nostri ragionamenti intorno alle cause e agli effetti derivano dall’abitudine, e che la credenza è piú propriamente un atto sensitivo che un atto cogitativo della nostra natura. Io ho provato che gli stessi princípi che ci portano a giudicare di un oggetto e a correggere poi questo nostro giudizio con la considerazione delle nostre inclinazioni e capacità, dello stato della mente quando consideriamo quel soggetto: questi stessi princípi, dico, quando sono estesi e applicati ad ogni nuovo giudizio riflesso, con la continuata diminuzione dell’evidenza primitiva, devono da ultimo ridurre questa a niente e sovvertire completamente tutte le nostre credenze e opinioni. Se la credenza [belief] fosse dunque un semplice atto del pensiero, e non un modo speciale di concepire con un aumento di forza e di vivacità, essa dovrebbe infallibilmente distruggere se stessa e riuscire in ogni caso a una totale sospensione del giudizio. Ma l’esperienza convincerà facilmente chiunque volesse farne la prova, che, per quanto possa non trovare nessun errore nei precedenti argomenti, tuttavia egli continua a credere, a pensare e ragionare come al solito; se ne può cosí tranquillamente concludere che il suo ragionamento e la sua credenza sono una certa sensazione, ossia una maniera speciale di concepire, che le semplici idee e riflessioni non possono distruggere.