In Funzione e campo Lacan intreccia ordine simbolico, linguaggio, Legge ed Edipo in quadro teorico coerente. Il punto cardine di questa teoria è che il linguaggio non è una caratteristica dell’uomo, una facoltà psicologica come le altre, ma piuttosto il tratto essenziale della condizione umana che è avvolta: “con una rete così totale da congiungere prima ancora della sua nascita coloro che lo genereranno ‘in carne ed ossa’, da apportare alla sua nascita insieme ai doni degli astri […] il disegno del suo destino[1] (S, 272).
Nell’Edipo è possibile leggere due aspetti. Il primo: la condizione umana è strutturata dall’ordine simbolico. Il secondo: il mondo umano chiede a ciascuno, una perdita di godimento nella Cosa, rappresentata nella madre, quale oggetto di godimento negato. È proprio tale perdita a istituire la dimensione del desiderio, ovvero del desiderio inconscio. Quindi, da un lato, il simbolico in quanto tale, produce un cancellazione del godimento. Con Hegel possiamo dire che il simbolo è l’uccisione della Cosa. Dall’altro lato, questo annullamento del godimento è il frutto dell’iscrizione dell’uomo nel simbolico. Tale iscrizione causa la nascita del desiderio inconscio: “il simbolo si manifesta in primo luogo come uccisione della cosa, e questa morte costituisce nel soggetto l’eternizzazione del suo desiderio”[2].
Quindi, nell’Edipo, Lacan, da un lato annoda il simbolico hegeliano alla concezione del linguaggio secondo la prospettiva strutturalista di Saussure e dall’altro riprende il pensiero di Lévis Strauss sulla proibizione dell’incesto articolato nell’antropologia strutturale delle strutture elementari della parentela. Con la particolarità però, che Lacan, pone al centro la questione del soggetto in quanto soggetto dell’inconscio: “è questo appunto ciò in cui il complesso di Edipo, nella misura in cui lo riconosciamo come quello che sempre copre con la sua significazione l’intero campo della nostra esperienza, sarà detto, nel nostro discorso, segnare i limiti che la nostra disciplina assegna alla soggettività: vale a dire, ciò che il soggetto può conoscere della sua partecipazione inconscia al movimento delle strutture complesse dell’alleanza, verificando nella sua esistenza particolare gli effetti simbolici del movimento tangenziale verso l’incesto, che si manifesta a partire dall’avvento di una comunità universale. La Legge primordiale è dunque quella che regolando l’alleanza sovrappone il regno della cultura al regno della natura, in balia della legge dell’accoppiamento […]. Questa legge si lascia dunque riconoscere a sufficienza come identica a un ordine di linguaggio. Nessun potere infatti, senza le nominazioni della parentela, è in grado d’istituire l’ordine delle preferenze e dei tabù che annodano e intrecciano attraverso le generazioni il filo delle discendenze[3]. L’inconscio, come la linguistica, si presenta come un insieme strutturato da regole. L’inconscio però, oltre la dimensione sociale e storica, comprende anche la dimensione familiare e personale, fondativa per il soggetto: quello che Lacan chiama “discorso concreto”[4].
L’Edipo congiunge l’universalità del simbolico con il singolare di un godimento interdetto. L’elemento di congiunzione di questi due versanti è la funzione paterna. Essa collega il campo simbolico con la perdita di godimento. “Anche se rappresentata da una sola persona, la funzione paterna concentra in sé relazioni immaginarie e reali, sempre più o meno inadeguate alla relazione simbolica che la costituisce essenzialmente”. Il supporto della funzione simbolica è il Nome-del-Padre, “che dal sorgere dei tempi storici identifica la propria persona con la figura della legge”[5].
In Funzione e campo emerge bene come la psicosi si caratterizza proprio per il malfunzionamento di quel vincolo fondativo che connette il soggetto simbolicamente all’altro: “Nella follia, quale che ne sia la natura, ci tocca riconoscere, da un lato, la libertà negativa di una parola che ha rinunciato a farsi riconoscere, vale a dire ciò che chiamiamo ostacolo al transfert e, dall’altro, la singolare formazione di un delirio – fabulatorio, fantastico o cosmologico, interpretativo, rivendicativo o idealista -, che oggettiva il soggetto in un linguaggio senza dialettica”[6].