Approccio bifocale (2)

Per garantire un coordinamento tra le due figure, quella di “therapist” e quella di “administrator” (vedi il post di ieri), vengono introdotti momenti di discussione, confronto e supervisione articolati in équipe. Questi due ruoli sono inseriti in un’organizzazione gerarchica facente capo a un “Director of Psychotherapy” e a un “Clinical Director”; in caso di conflittualità nella valutazione clinica, i problemi vengono riferiti a un “Council” composto da terapeuti anziani e, in situazioni estreme, la decisione definitiva viene assunta dal direttore stesso della clinica. Risulta difficile estendere questo modello al di fuori di un contesto protetto e di un lungo ricovero, questo approccio infatti presuppone nel paziente una serie di indicazioni per il trattamento di una psicoterapia psicoanalitica intensiva, un’area di possibile alleanza di lavoro, una richiesta di aiuto anche se solo “sussurrata”, e che tra i due terapeuti ci sia una complementarietà di punti di vista finalizzata ad una possibile integrazione di quegli aspetti scissi che il paziente tende a depositare nelle due figure di riferimento. Il paziente psicotico, per la natura stessa del suo disturbo, tende a generare conflitti all’interno dell’équipe. Senza una consapevolezza delle proiezioni in gioco, la conflittualità dei terapeuti può accrescere notevolmente i sintomi[1].


[1] Marta Vigorelli, Il lavoro della cura nelle istituzioni. Progetti, gruppi e contesti nell’intervento psicologico, 2005, Franco Angeli, p. 101-110