Il soggetto psicotico rifiuta il patto fatto con i sembianti dell’altro: rifiuta il nome del padre. Il soggetto rifiuta il nome della sua singolarità. Il soggetto rifiuta la soluzione del nome del padre. Il soggetto è obbligato ad inventare una soluzione unica. Non c’è luogo di decifrazione del sintomo. Il problema è trovare una soluzione. Il problema è scommettere su questa soluzione. Scommettere su un’invenzione in grado di trattare il sintomo, per trattare l’eccesso di reale.
Nella nevrosi vi è un trattamento “del” sintomo. Nella psicosi un trattamento “attraverso” il sintomo. Come accompagnare il soggetto in questo cammino? Si dovrebbe accompagnare lo psicotico come segretario. L’analista come cliente dello psicotico.
Nel trattamento della psicosi si tratta di operare con le diverse invenzioni per civilizzare il godimento, fino a renderlo sopportabile. La clinica della psicosi è la clinica dei “ritorni” di questo reale. Nella psicosi non bisogna avvicinarsi troppo dove c’è il “buco” del soggetto. Bisogna favorire l’elaborazione del bordo. A differenza del nevrotico che non si avvicina troppo alla domanda, nella psicosi c’è già la risposta in tasca. La risposta è venuta prima della domanda. Il soggetto si confronta ad una voce. Senza avere una domanda. È una risposta senza domanda. Nel caso della nevrosi, il sintomo è già una domanda: la domanda nevrotica. Nella psicosi c’è la risposta senza la domanda, non c’è il sintomo. Quando parliamo del sintomo nevrotico parliamo già della domanda in gioco. Il soggetto non si fa una domanda, il sintomo stesso è una domanda.
Nel caso dello psicotico, è molto meglio lavorare con le sue risposte piuttosto che con le sue domande.