Su alcuni nomi di luoghi o della “geografia poetica”

Il mondo intero, i monti, i fiumi, i colli, le terre tutte furono battezzate, ebbero un nome dai primi uomini. La nominazione praticata dagli uomini della antica Grecia, una volta usciti fuori dalle proprie terre, verso le nuove,  non poteva avvenire che per somiglianza: un monte “somigliava” ad uno della loro terra e allora ecco che lo chiamavano con quel nome: << Prova evidente di ciò sieno i venti cardinali, i quali, nella loro geografia, ritengono i nomi che dovettero certamente avere la prima volta dentro essa Grecia: talché le giumente di Reso debbano ne’ lidi dell’Oceano […] essere state ingravidate da Zefiro, vento occidentale di Grecia […] come le giumente d’Erictonio dic’Enea ad Achille essere state ingravidate da Borea, dal vento settentrionale della Grecia medesima >>[1].

Le cose sconosciute, lontane, non ancora bene esplorate vengono conosciute, rappresentate con le cose già conosciute, ogni cosa ignota è ritenuta magnifica e l’uomo regola l’ignoto secondo la sua natura << egli fa sé regola dell’universo >>, l’uomo conosce solo ciò che fa, cioè quel che nomina e niente  di più, il resto lo “sente”.

La Grecia prese il nome di Europa che fu rapita da Giove il quale sotto le sembianze di uno splendido toro la sedusse e la rapì portandola in groppa fino all’isola di Creta: << […] poi il nome d’ “Europa” si stese in quest’altro gran continente fin all’oceano occidentale >>[2].

L’Esperia fu la Grecia occidentale, dove sorge la stella Espero. Espero si distinse per il suo senso della giustizia e per l’amore verso l’umanità. Nacque sul monte Atlante da dove si osservavano limpidissimamente tutte le stelle del firmamento, e proprio su questo monte un giorno fu trascinato via da forti venti e di lui non si seppe più nulla. I suoi sudditi decisero allora di fargli onore dando il suo nome alla più luminosa delle stelle: << Dissero “Esperia” la parte occidentale di Grecia, dove entro la quarta parte dell’orizzonte sorge la sera la stella Espero >>[3]. E sarà dall’Esperia che Ercole portò le poma d’oro nell’Attica << ove furono pure le ninfe esperidi (ch’eran figliole d’Atlante), che le serbavano >>[4].

Eridano è il fiume dell’occidente che talvolta corrisponde al Reno talvolta al Rodano e a volte al Po, E’ uno dei figli di Oceano, nel quale cadde Fetonte mentre guidava il carro del sole, con il quale si avvicinò troppo al cielo ed impaurito dagli animale dello Zodiaco e per allontanarsi da loro, si accostò troppo alla terra, e Zeus allora lo fulminò; ed Eridano diventerà anche il nome della costellazione prossima a quella d’Ariete:

<< Così l’Eridano, dove cadde Fetonte, dev’essere stato, nella Tracia greca, il Danubio, che va a mettere nel mar Eusino: poi, osservato da’ greci il Po, che, come il Danubio, è l’altro fiume al mondo che corre da occidente verso oriente, fu da essi il Po detto “Eridano”, e i mitologi fecero Fetonte in Italia. Ma le cose della storia eroica solamente greca, e non dell’altre nazioni, furono affisse alle stelle, tralle quali è l’Eridano >>[5]. Oceano era uno dei Titani, figlio di Urano e Gea, padre delle Oceanine e di numerosi fiumi. Oceano era creduto essere un grande fiume che circondava la terra, cingendola a Est a Sud a Ovest e a Nord. I greci quando iniziarono a navigarlo << […] vi distesero la brieve idea d’ogni mare che fosse d’interminato prospetto […] e, con l’idea, il nome, ch’or significa il mare che cinge tutta la terra, che si crede esser una grand’isola >>[6].

Ponto è la personificazione del mare, anch’esso è figlio di Gea. I Greci da lui trassero i nomi Ellesponto e Propontide e poi spintisi al di là del Bosforo, chiamarono Ponto sia la regione che il mare di quegli  inesplorati luoghi: <<  […] il primo Ponto, dove fece la sua spedizione navale Giasone, dovett’essere la terra più vicina all’Europa, da cui la divide lo stretto di mare detto Propontide; la qual terra dovette dar il nome al mar Pontico, che poi si distese dove più s’addentra nell’Asia, ove fu poi il regno di Mitridate […][7]


[1]Ivi, 742.

[2]Ivi, 743.

[3] Ibid.

[4] Ivi, 751.

[5]Ivi, 752.

[6]Ivi, 753.

[7]Ivi, 760.